L’attivismo ambientale è davvero soltanto per “duri e puri”?

Chi è il buon attivista? In realtà è un argomento molto dibattuto e spesso sottovalutato. C’è chi protende verso un eccesso di zelo, e chi invece si schiera al polo opposto. Ma la verità qual è? Di certo non lo so, ma posso offrirvi il mio punto di vista. Iniziamo subito…

Il buon attivista ambientale è colui che mangia solo vegano, sempre e comunque. Zero compromessi! È colui che si muove solo a piedi o in bicicletta, dato che anche il treno o i mezzi elettrici inquinano. Figuriamoci l’aereo, anche se è necessario andare dall’altra parte dell’Oceano due volte l’anno per parlare di ambiente.

Il buon attivista denuncia a gran voce i colossi contro cui tutti puntano il dito, facendo attenzione a fare nomi e cognomi. Non gli importa delle querele e si fa prendere a manganellate dalla polizia se necessario. Portare un messaggio di azione e consapevolezza a un pubblico nuovo non va bene, ci vuole la linea dura e soprattutto mai dividere il palco con la controparte.

Il buon attivista non deve parlare con le istituzioni e con le multinazionali accusate di inquinare, altrimenti è complice e parte del gioco. Egli veste solo ed esclusivamente usato, perché così deve essere fatto. Ma è davvero così?

Sul web, tra “gli addetti ai lavori” si leggono cose come:

  • Sei vegano ma hai le scarpe di pelle, anche se usate? Devi fare la stessa fine di quel povero maiale!
  • Sei una attivista per l’ambiente ma non usi la coppetta mestruale? Complimenti, non ti vergogni?!
  • Hai la possibilità di parlare a un pubblico nuovo ma la televisione che ti ospita ha uno sponsor che non va… allora è chiaro, non sei un vero attivista e non meriti di esserlo!

Però, se usi toni troppo duri allora non dai speranza, sei troppo radicale!

Sui social (anche miei) leggo cose del genere in continuazione.

No. Non è così che funziona.

No, perché viviamo in un mondo pieno di ostacoli quanto a vita sostenibile e spesso siamo costretti a scendere a compromessi. Ci fa piacere? Di nuovo: no, ma l’alternativa è non fare niente e restare a guardare. O ancor peggio stare seduti a giudicare l’operato di altri.

In più, ognuno è libero di fare le scelte che vuole.

Gli attivisti non sono marziani, e chi decide di rendere la propria vita più sostenibile non può farlo al 100% proprio a causa del mondo in cui viviamo

In ogni caso, poi, il costante senso di inadeguatezza e la sensazione di non fare abbastanza e di non essere abbastanza nell’affrontare la crisi climatica portano a una sola conseguenza: il Climate Despair di cui abbiamo parlato qui.

Per me puoi essere un buon attivista anche senza farti spaccare la testa da un poliziotto, puoi parlare di ambiente e prendere l'aereo in circostanze contingente, puoi iniziare a ridurre il consumo di carne dalla dieta senza fare cose drastiche e di punto in bianco se non te la senti.

Ognuno dovrebbe partire dalle cose che gli tornano più semplici, puntare su quelle con un approccio positivo e il resto verrà da sé

Quanto al portare avanti una giusta causa: ognuno è e deve sentirsi libero di gestirla come meglio crede.

Dal mio punto di vista bisogna stare sempre attentissimi a non cadere in qualche trappola, ma non trovo nulla di male nel dividere il palco con qualcuno che pensa e agisce in modo diverso, poiché soltanto così sono presenti le opinioni di tutti.

Inoltre, soltanto così vengono raggiunte persone nuove, che magari proprio grazie a quelle parole iniziano a guardare lo stile di vita sostenibile sotto un’altra luce.


Federica Gasbarro collabora con The Wom in modo indipendente e non è in alcun modo collegata alle inserzioni pubblicitarie che possono apparire all'interno di questo contenuto.

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