Microplastiche trovate anche nel sangue umano: cosa possiamo fare?

Non c’è limite al peggio: penso che non esista un'espressione più calzante di questa. Perché oggi sappiamo che le microplastiche sono arrivate anche nel nostro sangue. C’era da aspettarselo? Sì. È qualcosa di irreversibile? Probabilmente sì. Capiamolo meglio insieme

Gli scienziati hanno rinvenuto microplastiche ovunque: dalla Fossa delle Marianne fino al Monte Everest, dall’acqua alla terra, negli animali e nel cibo, ma non l'avevano ancora mai trovata nel sangue umano. Fino a un nuovo recentissimo studio.

A comunicarlo è un articolo di Dick Vethaak, ecotossicologo dell’Università di Amsterdam, che ha pubblicato lo studio sulla rivista Environment International.

Il campione di partenza era costituito da 22 partecipanti, tutti volontari e sani, che sono stati sottoposti a un prelievo di sangue. A questo punto è partita la “ricerca del tesoro”: un tesoro che sfortunatamente è stato trovato, e anche in abbondanza

Gli scienziati erano interessati alle particelle di dimensione compresa tra i 700 e 500.000 nanometri (nm). Per avere un’idea di quanto piccole siano le dimensioni di cui si parla, 700 nm è una grandezza circa 140 volte inferiore rispetto alla larghezza di un capello.

Dei 22 partecipanti, ben 17, quindi il 77% aveva una quantità di microplastiche abbastanza alta da essere rilevata. L’indagine è stata condotta avvalendosi del cosiddetto limite di quantificazione (LOQ), il quale descrive il limite di concentrazione fino a cui si può ottenere una misura quantitativa di una sostanza

In ordine di quantità, i polimeri rinvenuti sono stati il Polietilene tereftalato (PET), ovvero la normale plastica usata per produrre le bottiglie; il Polistirene (PS), utilizzato per imballare gli alimenti; e infine la schiuma di polistirene. Il primo materiale è stato trovato in circa il 50% dei donatori, il secondo ed il terzo nel 36%. Non è stato però considerato il livello di esposizione dei soggetti a tali materiali.

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Ora però il quesito principale è: come sono stati contaminati i donatori?

La risposta è piuttosto semplice: molto probabilmente respirando aria, bevendo acqua e cibandosi di pesce, carne o più in generale mangiando. Ormai, infatti, le microplastiche sono state trovate addirittura nel miele e nel sale. Ma non solo, potrebbero essere stati esposti a queste sostanze semplicemente facendo un tatuaggio con i residui di inchiostro, lavando i denti con il dentifricio, indossando un rossetto o utilizzando prodotti per la cura personale.

Ad oggi non si conoscono le ripercussioni per la nostra salute, potrebbe essere tutto o niente

Non si sa per esempio se le microplastiche circolano senza causare problemi o se si accumulano, se vengono trattenute da organi e che danni provocano; o ancora, se sono in grado di superare la barriera ematoencefalica. Quest’ultima è talmente selettiva che solo il glucosio e pochissime altre molecole riescono ad entrare.

Ovviamente, tutto questo genera timore sui loro effetti a medio e lungo termine

Questo è stato un piccolo studio ma ha posto una pietra miliare. Infatti, tutti immaginavamo fosse così ma nessuno lo aveva ma comprovato con una pubblicazione. Inoltre, ora a nostra disposizione c’è un protocollo replicabile che ci permette di proseguire con gli studi.

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Far finta di nulla, voltarsi o coprirsi gli occhi non ci aiuterà di certo a uscire da questa situazione. 70 anni di produzione e smaltimento errati ci hanno condotti fino a qui. Quindi, che fare? Non è una domanda così scontata, e la risposta probabilmente non esiste.

Di certo, però, dovremmo chiede un vero cambiamento di rotta e accompagnarlo da una trasformazione del nostro stile di vita.


Federica Gasbarro collabora con The Wom in modo indipendente e non è in alcun modo collegata alle inserzioni pubblicitarie che possono apparire all'interno di questo contenuto.

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