Fondazione CondiVivere: cambiare la prospettiva sulla disabilità. La storia di Fabio

20-05-2022
Prosegue il progetto editoriale in collaborazione con la Fondazione CondiVivere di Milano, che promuove la formazione e la ricerca scientifica nel campo della disabilità intellettiva. Un progetto che racconterà le storie di alcune delle persone disabili all’interno della Fondazione: tre vite diverse, accomunate però dall’incontro con un approccio pedagogico che vede soprattutto potenzialità da sviluppare, non solo limiti. Dopo aver conosciuto la storia di Alberto, oggi incontriamo quella di Fabio

Fondata nel 2011 a Milano, la Fondazione CondiVivere è nata dall’idea di un gruppo di familiari di persone disabili spinto dal desiderio di porre le basi per il “dopo di noi” attraverso un progetto pedagogico ispirato alle ricerche del professor Nicola Cuomo, docente di Pedagogia Speciale dell’Università di Bologna, che durante la sua vita si è dedicato a sviluppare una metodologia denominata Emozione di conoscere, centrata sulla possibilità di conoscere, attivarsi, apprendere e crescere sviluppando talenti, attitudini e desideri. Un metodo che supera l’approccio puramente assistenzialistico – dove il disabile viene aiutato ma non attivamente stimolato a fare, creare – e che intende la persona non nei suoi limiti, ma come parte integrante della società, libera come tutti e dotata di potenzialità, desideri, passioni, risorse da stimolare nel modo giusto.

Proprio ispirata da questo approccio, la Fondazione – che lavora in sinergia con Cooperativa Sì, si può fare e sotto la supervisione continua di una équipe psicopedagogica (Associazione AEMOCON*) - sostiene le famiglie nella costruzione del progetto di vita indipendente del proprio figlio attraverso l’inserimento della persona disabile in contesti sociali e lavorativi come il negozio-laboratorio pedagogico di prodotti biologici di alta qualità aperto dalla Fondazione, Il Bottegaio Nostrano in zona Dergano, e attraverso l’organizzazione di luoghi di abitazione e di tempo libero inclusivi. Il tutto proponendo un nuovo modo di prendersi cura della persona con deficit, pensandola come parte della società di tutti, dotata della stessa libertà e diritti e capace di essere portatrice di risorse.

Qui di seguito trovate la storia di Fabio Falcone, uno dei ragazzi della Fondazione, raccontata dal padre Enzo.

Fabio è nato nel dicembre del 1980. Tutto sembrava andare bene, finché, quando aveva circa 7-8 mesi, alcuni suoi comportamenti ci fecero insospettire. Così, seguendo le indicazioni del pediatra, iniziammo le prime visite audiologiche, da cui fu rilevata una sordità profonda. Soltanto 5-6 anni fa il Policlinico di Milano, attraverso un esame genetico, ha integrato la diagnosi riscontrando una sordità profonda con ritardo cognitivo dato da una patologia genetica.

Fabio (a destra) al lavoro al negozio Il Bottegaio Nostrano
Fabio (a destra) al lavoro al negozio Il Bottegaio Nostrano

All’età di 15 mesi Fabio venne protesizzato, e a 2 anni e mezzo lo inserimmo all’asilo, dove però iniziarono le prime difficoltà. Difficoltà che, come accade a tanti genitori di ragazzi disabili, si protrassero per tutto il percorso scolastico di Fabio.

Alle scuole elementari infatti alcuni genitori si lamentarono di Fabio col provveditorato, così lo ritirammo, ma anche nella scuola successiva le cose non andarono bene e scoprimmo che l’insegnante di sostegno alzava le mani quando Fabio non riusciva a fare qualcosa.

In quel periodo, a causa del mio lavoro, da Firenze ci trasferimmo a Milano, ma anche qui trovammo problematiche e non finire, con insegnanti di sostegno che andavano e venivano. Un calvario

Dopo le medie, Fabio frequentò un istituto professionale in agraria: i primi tre anni trascorsero bene, ma il quarto la preside si rifiutò di iscrivere Fabio all’anno successivo. Decidemmo così di ricorrere al TAR che ci diede ragione: Fabio poteva essere iscritto a scuola. Purtroppo però, la preside gli assegnò l’insegnante di sostegno solo un’ora al giorno, dalle 12.30 alle 13.30, in orario di pranzo. Fummo costretti a ritirarlo. Ne seguì un periodo molto duro, con Fabio che continuava a chiedere perché non andava a scuola. Provammo a inserirlo in vari centri diurni e Centri Socio Educativi (CSE): Fabio ne era felice ma dopo l’ennesimo vaso di creta si annoiava, c’erano pochi stimoli.

Fabio al lavoro al negozio Il Bottegaio Nostrano
Fabio al lavoro al negozio Il Bottegaio Nostrano

Così, nel 2000, inserimmo Fabio presso l’Associazione Sorriso, che era stata fondata da pochi mesi da alcuni genitori di Cusano, che si occupava principalmente del tempo libero e della parte ludica. Noi genitori iniziammo a organizzare come volontari laboratori di musica, di teatro. Fabio contemporaneamente frequentava il CSE. Fu in quel periodo che incontrammo il progetto del prof. Cuomo: all’inizio eravamo titubanti date le varie esperienze negative, ma anche fiduciosi che qualcosa potesse cambiare.

Oggi posso dire che non solo le cose sono cambiate, ma che sono migliorate in modo inimmaginabile. Perché con l’emozione di conoscere e il desiderio di fare – che è il motto della Fondazione CondiVivere -, oggi Fabio prende da solo l’autobus e la metro, lavora al negozio della Fondazione, Il Bottegaio Nostrano, e grazie all’inserimento presso lo spazio Nuovo Armenia in estate è volontario cameriere

Fabio volontario presso lo spazio Nuovo Armenia
Fabio volontario presso lo spazio Nuovo Armenia

Lui è felicissimo: ogni venerdì riceve la busta paga che gli serve per pagare tutte le sue spese quotidiane, in più mette i soldi da parte e con i suoi risparmi acquista cose che gli piacciono. Ama essere sempre elegante, così compra pantaloni, orologi (di cui è appassionatissimo), portafogli. L’ultimo acquisto, fatto con i suoi risparmi, è stato una bicicletta con cui andiamo al Parco Nord, facendo dei giri anche di 30-35 km. Io, che ho 73 anni, mi sono dovuto comprare una e-bike perché non riesco più a stargli dietro! Oggi, se piove e mi propongo di accompagnarlo al lavoro, lui non vuole, desidera essere indipendente.

E pensare che, quand’era bambino, un primario gli prospettò una vita da vegetale

Ma altro che vegetale: un paio di settimane fa mi ha chiesto di andare insieme in centro, così ho finto di non ricordarmi la strada dalla metropolitana fino a piazza Duomo per capire come si sarebbe comportato. Non solo ha trovato l’uscita giusta della metro e ha saputo arrivare in piazza Duomo, ma si è anche saputo orientare al ritorno. Quando ha capito di avercela fatta, mi ha  guardato con un sorriso soddisfatto, luminoso.

È come se questo progetto abbia fatto diventare grande Fabio, facendogli prendere coscienza di sé

Mai ci saremmo immaginati che avrebbe potuto prendere la metropolitana da solo. Eppure Fabio sa trovare soluzioni in autonomia, si sa gestire, si sceglie gli abiti, è lui che decide. Fino a qualche anno fa sceglievamo noi per lui, ma ora è completamente indipendente. A casa apparecchia, sparecchia, sa quello che manca, si prepara la borsa per quando va nell’appartamento della Fondazione, una volta a settimana. Un giorno mi ha cucinato il riso con l’olio, ed è stato il riso più buono che potessi mai mangiare.

Fabio mentre cucina
Fabio mentre cucina

Seguendo questo percorso, negli ultimi anni Fabio ha iniziato ad avere autostima di sé. Un momento importante è stato quando gli abbiamo consegnato le chiavi di casa: l’ha responsabilizzato e non ha mai perso nulla. Ha imparato anche a usare il cellulare, pur essendo sordo.

Una trasformazione, la sua, simile a quella di tanti altri ragazzi della Fondazione, che scaturisce anche da una trasformazione da parte dei genitori. Perché grazie al metodo del prof. Cuomo abbiamo cambiato punto di vista sui nostri figli.

Quando nasce un figlio disabile viene istintivo dargli più protezione, ma il metodo ci ha resi coscienti che i nostri figli sono persone con i loro desideri, aspettative, sogni e performance proprio come tutti

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Ci siamo resi conto che il supporto serve solo quando c’è davvero bisogno e abbiamo imparato a non sostituirci a loro, a non facilitare quando non è necessario.

E posso assicurarlo: imparare a non aiutare un figlio è difficilissimo. Ma oggi, quando guardo Fabio, mi rendo conto che è molto più avanti di quanto possa immaginare. Da solo sa trovare la strategia giusta per superare le difficoltà, proprio come tutti noi!

Il desiderio più grande di noi genitori è che i nostri figli non vadano a finire, un giorno, in istituto. Non ce n’è bisogno, infatti: sono in grado, con i loro tempi e il loro spazio, di vivere in autonomia e di svolgere un ruolo utile per la società. Ed è questo che vorremmo tutti capissero.


* L’èquipe dell’Associazione AEMOCON è stata fondata dal Prof. Cuomo, continua oggi la sua opera di ricerca sullo sviluppo delle intelligenze e fornisce consulenza a enti privati e pubblici. Referenti per Fondazione CondiVivere: pedagogiste Dott.ssa Imola e Dott.ssa De Pellegrin, psicologa dott.ssa Bacciaglia.

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