Manuale di sopravvivenza per l’8 (o lotto?) marzo

08-03-2023
In una giornata così importante è facile cadere nelle trappole derivanti dagli stereotipi e sentirsi confusə dai messaggi e dalle diverse iniziative di chi sfrutta questa giornata. Ecco un piccolo manuale di sopravvivenza per riuscire a distinguere il bene dal male

Eccoci arrivatə all’8 marzo, nel tentativo di non perderci tra pink washing e risonanti auguri per quella che viene erroneamente definita la “Festa della donna”. Se facciamo un passo indietro, scopriremo che il Woman’s Day è stato celebrato per la prima volta ad inizio Novecento, su iniziativa del Partito socialista americano, che lottava per l’emancipazione delle donne in ambito politico e sociale. In Italia è solo dopo il 1945 che viene festeggiata la Giornata internazionale della donna. Oggi, da un lato, questa ricorrenza sembra essere il pretesto perfetto per generare profitto economico. Il rischio, in questo modo, è quello di svuotare di significato un’occasione non tanto per festeggiare, quanto per lottare e rivendicare la libertà e il diritto di ogni donna e minoranza ad autodeterminarsi.

Possiamo considerare le prossime righe un piccolo manuale di sopravvivenza per riuscire a distinguere il bene dal male. La quantità di informazioni a cui saremo sottopostə oggi metterà a dura prova chi porta avanti la lotta femminista e transfemminista ogni giorno e il rischio di sentirsi sopraffattə dalla mole di disinformazione sarà elevato per tuttə.

Di seguito elenco una serie di atteggiamenti a cui fare attenzione:

1. Partiamo dal pinkwashing di alcune, troppe, aziende che postano ogni anno su Linkedin e sui sociali frasi altisonanti e riflessioni sull’importanza della parità di genere, senza però agire concretamente per cambiare le cose.

Più dei post e dei corsi di aggiornamento sull’empowerment femminile, spesso rivolti solo alle donne, nonostante a beneficiarne sia l’intera società, sarebbe preferibile che le aziende pagassero le donne esattamente come gli uomini o che non penalizzassero chi decide di avere figli o figlie per esempio.

2. Passiamo al secondo punto, rappresentato dal peso delle aspettative della società, che ci vuole forti a tutti i costi. Quando, invece, ci dimostriamo vulnerabili, quindi umane, ecco che veniamo etichettate come deboli o fragili. Se ci vedete mantenere una serie di equilibri impossibili tra famiglia, lavoro di cura e quel che resta degli interessi personali, è perché siamo obbligate a farlo, difficilmente sarà perché ci piace. Non siamo delle wonder woman con il dono del multitasking, se a volte lo sembriamo è solo perché non abbiamo alternativa.

3. Passiamo ora alla discussione sulla mimosa che ogni anno crea grandi aspettative. Va premesso che si tratta di un’usanza che abbiamo solo in Italia. La richiesta che mi sento di avanzare è quella di non regalarla come se fosse un mazzo di rose rosse. Non c’è nulla di romantico nella mimosa, bensì fu scelta da Teresa Mattei, partigiana, politica e attivista che lottò per i diritti delle donne. “La mimosa era il fiore che i partigiani regalavano alle staffette. Mi ricordava la lotta sulle montagne e poteva essere raccolto a mazzi e gratuitamente”, spiegò Mattei, in merito a questa scelta. Quindi se la regalate, fatelo con cura e ricordando il suo significato originario.

4. Aspettiamoci anche una serie di frasi pericolose da cui prendere le distanze, tra cui: “Evviva le donne! Io non potrei vivere senza” o “A comandare in casa è sempre lei, tanti auguri!”. La prima affermazione spesso allude ad altro, ovvero all’oggettificazione del corpo delle donne. Non significa che non si possono fare complimenti, ma ci si può sforzare nel farne di veri e che valorizzino le qualità di una persona, oltre al suo aspetto esteriore. La seconda frase ci riporta alla donna come focolare della casa e come entità che detiene il comando rigorosamente dentro le mura domestiche, dove nessuno la vede. Questa stessa idea di donna alimenta la sua dipendenza economica che porta a non avere nessuna autonomia anche a livello sociale. Quello che chiediamo è avere pari opportunità al lavoro e nella società, così da dividere equamente il carico proveniente dal lavoro di cura, che non deve essere dato per scontato, ma remunerato.

5. Ora arriviamo alla donna come procreatrice, anche detta “colei che da la vita”. Ricordo un tweet dell’anno scorso di un noto personaggio televisivo che si appellò a tutte le “madri e mogli straziate dal dolore della guerra”. Notai subito il fatto che si era rivolto solo a una categoria specifica di donne, alle madri e alle mogli, incasellandoci così, ancora una volta, nei ruoli che la società patriarcale ha voluto per noi. Anche in questo caso non si dubita delle buone intenzioni, ma è proprio questo tipo di atteggiamento che non permette alla società di evolversi. Chi detiene il privilegio, si metta in ascolto di chi rivendica la sua libertà e provi a togliersi dal centro della discussione. Non siamo solo madri o mogli, ma persone con le loro complessità e rappresentare tutte le diversità anche attraverso il linguaggio è fondamentale.

6. È il momento del marketing delle piccole imprese. Riporto di seguito alcune frasi che ho letto sui social e che se all’inizio mi hanno fatto sorridere, poi mi hanno fatto riflettere su quanto lavoro c’è ancora da fare in termini di consapevolezza:
“La forza è nella nostra natura, inizia la riscoperta della tua vera bellezza. Per te uno sconto su tutti i prodotti”
“Festeggiamo tutte le donne! Venite a ballare l’8 marzo.” Mentre sullo sfondo si vedono solo donne sorridenti con corpi conformi. Difficile pensare che sia una rappresentazione di tutte le donne.
“Festa della donna, cena con bottiglia in omaggio e la foto”
“Ottimo sushi e deliziosi cocktails per una serata tra donne!”
“Se sei un’azienda e vuoi fare un regalo alle tue dipendenti, compra da noi una mimosa” e riconosci la parità salariale! Quest’ultima parte non ho resistito e l’ho aggiunta io.

Concludiamo con una nota positiva, il messaggio di Non una di meno, il movimento femminista contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere, che lotta con “rabbia e con amore”:

“La violenza di genere, la pandemia, la guerra, il disastro ecologico, l’inflazione: viviamo in un mondo di crisi continue che non sono emergenze ma segnali evidenti di un sistema che si sta sgretolando, un sistema ingiusto che ci costringe a vivere vite insostenibili e che vorrebbe chiuderci nell’isolamento e nell’impotenza.
In questa solitudine non vogliamo starci e insieme troviamo la forza di ribellarci, lottare e rifiutare tutto questo.”

Riproduzione riservata