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Annalisa Manduca: “L’armonia, dentro me stessa” – Intervista esclusiva

annalisa manduca
Volto della medicina in televisione, Annalisa Manduca si racconta a The Wom in un’intervista che spazia dal professionale al personale restituendo l’immagine di una donna che ha fatto dell’armonia la sua essenza, nonostante le difficoltà e gli ostacoli.

A partire dal 22 giugno, su Rai Radio 1 Annalisa Manduca conduce un nuovo e interessante programma il cui titolo appare già rivelatore della sua essenza: L’armonia nascosta. Giornalista, speaker radiofonica e conduttrice tv impegnata ogni domenica su La7 con Le parole della salute, Annalisa Manduca per tutti è stata la prima donna a condurre un programma di medicina in Italia, quel Check-up di Rai 1 che le appartiene perché fa parte della sua storia. La sua capacità di comunicare con empatia e chiarezza ha conquistato il pubblico, rendendola una figura di riferimento ma anche un’amica a cui rivolgersi.

Il percorso di Annalisa Manduca è costellato di successi e impegno costante. Sin dagli esordi, ha dimostrato un'incredibile capacità di tradurre concetti medici complessi in informazioni accessibili per il grande pubblico. Questo talento l'ha portata a diventare una pioniera nella divulgazione scientifica, rompendo barriere e stabilendo nuovi standard per la comunicazione in ambito sanitario. La sua carriera in televisione è stata caratterizzata da programmi di grande impatto, nei quali ha sempre posto l'accento sulla qualità dell'informazione e sull'importanza di un approccio empatico verso i pazienti.

Annalisa Manduca ha tuttavia vissuto momenti significativi e talvolta difficili che hanno arricchito il suo percorso personale e professionale. Queste esperienze l'hanno resa una persona ancora più empatica e determinata. Il suo impegno nel comprendere e raccontare le storie dei pazienti è nato anche da esperienze personali di malattia e di lotta per il benessere, che le hanno fornito una prospettiva unica e preziosa. Anche quando la malattia ha colpito lei, come ci racconta in quest’intervista esclusiva nel parlarci dell’endometriosi che ha messo a rischio la sua possibilità di diventare madre.

Con una carriera che spazia dalla televisione alla radio, Annalisa Manduca ha sempre saputo mantenere un legame profondo con la gente, offrendo una prospettiva nuova e più consapevole sulla salute e il benessere. La sua voce calda e coinvolgente ha saputo creare un legame profondo con gli ascoltatori, trasmettendo non solo informazioni, ma anche emozioni e riflessioni.

Ed è per questo che Annalisa Manduca continua a rappresentare una guida preziosa in un mondo in continuo cambiamento, offrendo con il suo lavoro un faro di chiarezza e comprensione. La sua dedizione alla comunicazione e alla salute è una fonte di ispirazione per chiunque desideri esplorare nuovi orizzonti di benessere e consapevolezza.

Annalisa Manduca (Foto: Alessandro Rabboni; press: Simona Pellino per CZ 24 Comunicazione).
Annalisa Manduca (Foto: Alessandro Rabboni; press: Simona Pellino per CZ 24 Comunicazione).

Intervista esclusiva ad Annalisa Manduca

Dal 22 giugno sarai in radio su Rai Radio 1 con un programma che si chiama L'armonia nascosta, un titolo già di per sé molto attraente.

Lo trovo molto interessante e appropriato per questi tempi. L'armonia è un concetto così ampio, che tocca vari aspetti della nostra vita. Quando si è parlato del titolo del programma, ho subito pensato a quanto sia necessario ritrovare un senso di armonia, specialmente in un'epoca come la nostra, caratterizzata da continue tensioni e cambiamenti. Mi piace pensare all'armonia come a una forza che unisce musica, natura e medicina. Leggendo Ippocrate, mi sono resa conto di quanto l'armonia fosse centrale per lui. Anche nella teoria degli umori, l'armonia era vista come fondamentale per il benessere del corpo e della mente.

Quindi, il programma tocca vari aspetti oltre alla medicina?

Assolutamente sì. L'armonia nascosta è un viaggio che esplora non solo la medicina, ma anche la filosofia, la cultura e la società, attraverso una visione profondamente diversa che restituisce la dimensione degli opposti come qualcosa di estremamente utile per avere un unico modello armonico dentro e intorno a noi. L'idea è di mostrare come l'armonia possa essere ritrovata in diversi ambiti della nostra vita. Avremo ospiti che racconteranno storie di dolore e piacere, mente e corpo, e ci parleranno di come bilanciare questi opposti per trovare un equilibrio. È un programma che invita alla riflessione, a guardare le cose da una prospettiva diversa, e a comprendere che l'armonia è una condizione essenziale per una vita sana e serena.

Oggi trovare armonia significa trovare compostezza ed equilibro nel parlare, nell’osservare e nell’ascoltare. Siamo purtroppo circondati da disequibrio e disarmonia, una condizione accelerata dai modelli eccentrici ed egoistici che non ci permettono di guardare troppo all’armonia che ci circonda.

Parlare di salute oggi non è facile, soprattutto con la diffusione delle fake news. Come affronti questa sfida?

È vero, parlare di salute oggi è una grande sfida. Le fake news e i falsi miti possono fare molto male, soprattutto quando si tratta di medicina. Per me, la chiave è partire dalle storie vere delle persone per osservare quanto siamo cambiati, cosa vogliamo e quali sono i nostri reali bisogni. Ho imparato molto dalle associazioni di pazienti, che mi hanno insegnato a comprendere le reali necessità e i disagi, le problematiche e la qualità della vita di chi vive una malattia.

Quando ascolti le storie delle persone, capisci quanto sia importante essere autentici e sinceri. Non possiamo dunque permetterci di diffondere informazioni sbagliate. Dobbiamo essere accurati, empatici e rispettosi, e avere il pudore di poterlo fare. Questo significa anche evitare i titoli sensazionalistici e concentrarsi su ciò che realmente serve alle persone.

La mia lunga esperienza mi ha insegnato che il rispetto per chi ci ascolta è fondamentale, oltre che un buon modo per raccontare la salute, qualcosa che faccio da tanto tempo in una maniera che non assomiglia a nulla di ciò che vedo oggi: noi avevamo pudore nel parlare, ad esempio, di cancro e non sapevamo nemmeno come affrontare l’argomento perché non avevamo né la disinvoltura né tantomeno gli strumenti narrativi adeguati.

Chi parla di medicina si scontra oggi con la sempre più diffusa autodiagnosi…

L'autodiagnosi è un problema serio. Internet ci dà accesso a una quantità infinita di informazioni, ma spesso senza il contesto necessario per interpretarle correttamente: una parola chiave ci racconta la criticità delle cose ma non necessariamente la verità: ecco perché chi parla di medicina ha ancora più responsabilità del passato.

Molte persone tendono a diagnosticarsi malattie che non hanno, aumentando l'ansia e il disagio. Ho visto come questo fenomeno possa creare persone fobiche e complesse. Dopo il COVID, c'è stata un'accelerazione nell'uso delle tecnologie per la salute, ma anche un aumento delle paure legate a essa. È fondamentale educare le persone a un uso consapevole delle informazioni e incoraggiarle a rivolgersi ai professionisti per le diagnosi: la maggior attenzione per la salute e per se stessi si tramuta in confusione se ci si autocura…

È qualcosa di estremamente pericoloso che porta gli individui a essere molto più suscettibili e spaventati, correndo il rischio di non andare da un professionista solo per allontanare ciò che più si teme o fa preoccupare... è come se avessimo un disperato bisogno di vivere qui e ora, allontanando tutto ciò che è negativo, dissacrando, scherzando o ironizzando.

Se ci pensiamo, è anche frutto dei social e della sbagliata percezione di dover essere sempre performanti, qualcosa di cui soprattutto i giovani sentono la pressione. Trovo che sia molto impegnativo e faticoso avere sempre davanti ai propri occhi un modello “giusto” da inseguire: ciò, senza voler semplificare, contribuisce anche all’insorgere di disturbi alimentari, depressione e di altri problemi di salute mentale, proprio perché si inseguono priorità che non sono tali nella vita reale.

Ripeto sempre che nella vita c’è un tempo per essere esposti e ce n’è uno per proteggersi: ogni tanto, i ragazzi dovrebbero essere protetti da tutto ciò. O, almeno, questo è ciò che provo a fare con mia figlia, con cui parlo molto dell’esigenza di proteggere qualcosa di prezioso dentro di sé senza condividerlo con nessuno.

Annalisa Manduca (Foto: Alessandro Rabboni; press: Simona Pellino per CZ 24 Comunicazione).
Annalisa Manduca (Foto: Alessandro Rabboni; press: Simona Pellino per CZ 24 Comunicazione).

Quando ti sei accettata come donna?

Neel momento in cui ho accettato e mie fragilità. Ci sono eventi nella vita così straordinari e potenti che ti fanno diventare veramente una persona che riesce a guardare gli altri con maggiore interesse e maggiore rispetto. Sono gli stessi che non necessitano di esposizione ma di intimità da poter raccontare a qualcuno. Sembra quasi che non siamo più in grado di usare le parole, forse dovemmo imparare a parlare di nuovo e ad ascoltare di più.

Non c’è un momento prestabilito in cui accettarsi: arriva e basta, non puoi deciderlo. Quando incontri una malattia o un dolore potente che ti fanno da sveglia, fai i conti con te stesso e con le credenze su cui hai puntato quando eri un po’ più giovane e incosciente. Accettarsi e sapere cosa si vuole ti rende più interessante. Ho cambiato rotta, ad esempio, nella mia carriera dopo un dolore personale, quando ho avuto la fortuna di incontrare la maternità o ho incontrato uno degli amori della mia vita, la radio: è allora che ho potuto scegliere di vivere una vita per me più adeguata per godermi la felicità che ne derivava.

L’hai appena citata: la radio. Com'è stato passare dalla televisione alla radio?

Sono due esperienze molto diverse, ognuna con le sue sfide e le sue soddisfazioni. La televisione ti dà una visibilità immediata, un impatto visivo che può essere molto potente ma anche più difficile da gestire, soprattutto quando i dati del mattino successivo indicano che hai perso. Ho fatto televisione per tantissimi anni e la rifaccio anche oggi ma con un altro spirito, un altro sguardo e un’altra modalità da quella di allora, sicuramente straordinaria: del resto, ho condotto il primo programma di informazione medica quando ero ancora una ragazza, a 23 anni, e senza alcuna esperienza pregressa alle spalle. Ho imparato molto insieme a delle persone straordinarie a cui non posso dire che grazie.

La radio, d'altra parte, è più intima. Ogni parola deve essere scelta con cura, perché è attraverso la voce che trasmetti tutte le emozioni. In radio, hai la possibilità di creare un legame più profondo con il tuo pubblico. Quando qualcuno ti dice che non è sceso dalla macchina perché voleva sentire la fine di un'intervista, capisci quanto sia potente la connessione che hai creato.

Per me, la radio è stata una scoperta meravigliosa. Mi ha permesso di esprimermi in modo più autentico e di crescere e la reputo come la cosa più bella fatta nella mia vita. Avevo avuto un’esperienza a 18 anni, poi è arrivata la televisione ma tornare alla radio è per me come tornare a casa e trovare qualcuno che ti abbraccia o la propria copertina di Linus.

Il primo programma di informazione medica condotto era Check-up, rimasto indelebile nella memoria collettiva.

Ho avuto la fortuna e il compito di aver accompagnato moltissimi giovani che volevano diventare medici in quel periodo. Ma, soprattutto, di entrare nelle case delle famiglie alle 12:30, in un orario in cui in molte di apprestavano a pranzare seguendo i nostri ragionamenti sulla salute. Era una grande responsabilità ma, conducendolo per dieci anni di fila, mi ha regalato riconoscibilità spingendomi dopo a seguire sempre quel concetto di qualità che il programma sposava. È chiaro che le scelte successive dovevano risultare adeguate a continuare a mantenere alto quel rispetto del pubblico che nella mia testa era diventato musica.

Ancora oggi mi scrivono in molti. Proprio di recente, ho ricevuto la mail di una ragazza che mi ringraziava perché l’avevo “aiutata” a risolvere una problematica di salute di sua madre. L’ho letta diverse volte prima di rispondere sentendo il dovere di dire qualcosa di appropriato per la madre: “l’unica cosa che può salvare è sempre l’amore e l’attenzione per l’altro”. Non ho mai avuto né la tentazione né la presunzione di dare consigli di medicina a nessuno ma è sempre stata forte di me la gentilezza, il saper valorizzare gli altri… è questo, per me, il mio compito e, se la gente ancora si ricorda quegli anni, vuol dire che ho agito bene facendo qualcosa di utile per quella che era la televisione che operava vero servizio pubblico, senza mischiare informazione con intrattenimento.

Gentilezza e rispetto sono due parole chiave non solo nel lavoro ma anche nella vita.

È un mantra che mi porto dietro. Anch’io sono stata smodata, sbagliata e forse non sufficientemente attenta ma ero molto giovane. Quando ho cominciato avevo solo 23 anni e più che dire dovevo ascoltare, stare in silenzio, studiare e andare avanti, guardare a testa a basse e cercare di essere appropriata. Oggi è molto diverso perché nel nome della determinazione si ha più dentro l’idea di successo di quanto ce l’avessi io: nel mio caso, speravo solo di non sentirmi a disagio in un mondo che era molto più grande di me.

In tv, continui a esserci ancora oggi su La7 ogni domenica con Le parole della salute

E mai avrei immaginato di tornare in televisione. Ma a un certo punto sono stata molto richiesta e lusingata per esserlo: avevo deciso di essere “vecchia” un po’ troppo prima del tempo ma, guardandomi dentro, ho capito di avere ancora qualcosa da dire e forse valeva la pena accettare di tornare sui teleschermi. A esser sincera, ho provato anche un po’ di disagio: non ero più così molto centrata sul medium e sull’immagine ma poi ho realizzato che non dovevo essere così severa con me stessa… ogni tanto devo essere un po’ più indulgente.

Annalisa Manduca.
Annalisa Manduca.

Hai cominciato giovanissima dopo aver vinto un concorso…

Da napoletana, avevo vinto un provino alla Rai di Napoli per un programma per bambini grazie al fatto che parlavo molto bene. Mi ha invece poi chiamata il direttore di allora proponendomi una trasmissione di medicina: per lui, ero molto “giusta” per quel ruolo. Mio padre, filosofo, era molto restio all’idea: “Ma tu che c’entri? Non è qualcosa per te, non sei in grado”.

È stata forse quella la molla per cui salii su un treno per andare a trovare Biagio Agnes negli uffici al settimo piano della Rai di Roma per chiedergli perché io. La sua risposta fu chiara, ero ai suoi occhi una “signorina molto gentile ed educata”, la persona che stava cercando per quel programma. Non mi sentivo però competente o all’altezza di quel ruolo ma, di fronte a una mia affermazione sul fatto che mi sarebbe piaciuto tradurre i bisogni e le necessità di coloro che non sanno, Agnes aggiunse che avevo trovato allora il mio ruolo: avrei portato all’attenzione di tutti coloro che non sanno o non vogliono sapere i temi inerenti alla medicina. Avrei dunque dovuto provvedere a diffondere una conoscenza adeguata dei temi parlando con il pubblico e con i medici, spiegare e far spiegare.

Tornai a casa dicendo a mio padre che mi avevano presa lo stesso…

Perché tuo padre non ti riteneva in grado?

Non stavo studiando Medicina e, secondo lui, non c’era linearità con quello che sarei andata a fare. Era un uomo di vecchia scuola per cui voleva una figlia adeguata nel posto giusto. Faceva parte di un certo modo di pensare di quei genitori di un certo livello che nutrivano grandi aspettative nei confronti dei figli: avrebbe voluto vedermi avvocato o altrove… ha imparato poi con il tempo a vedere anche lui qualcosa che probabilmente qualcun altro aveva visto e che neanch’io sapevo di avere. Sono molto grata a quel qualcuno e al suo sguardo così attento verso di me.

Bisogna sempre contestualizzare il tutto all’epoca in cui si è svolto. Tanti anni fa non c’era un modello femminile così forte e condiviso come oggi. Mentre io ero proiettata verso una conquista nuova anche al femminile nella mia testa, mio padre era spaventato dalle difficoltà che avrei potuto incontrare. Non parlerei di patriarcato nel suo caso ma di maggiore attenzione, tant’è che dopo era anche abbastanza orgoglioso di come ho affrontato il tutto ma senza particolari dimostrazioni di giubilo. Credo di essere stata sempre con i piedi per Terra per aver avuto il privilegio di crescere in una famiglia così composta: nessuno in casa mia mi ha mai fatta sentire importante.

Ad agosto taglierai un traguardo anagrafico importante…

Sono molto fiera e orgogliosa dei miei prossimi sessant’anni. Sono felice di portarmi a spasso le mie rughe e le mie imperfezioni… e di fregarmene anche se non sono perfetta. Mi sento più consapevole del mio essere donna oggi che tanto tempo fa e mi piace lasciarmi contaminare da ciò che non mi appartiene da mia figlia o dalle sue amiche: l’età in sé non è quella anagrafica ma quella che ci porta nella testa. Penso di avere una testa molto giovane e aperta e di non sentire il peso delle tante esperienze vissute, bellissime e difficilissime che siano. Nella mia vita ho attraversato di tutto e ne sono contentissima, così come di quello che non c’è stato e di quello che ci sarà.

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Un esempio di momento difficile?

Malattie anche complicate e problematiche legate a dolori importanti o perdite di persone care, come mio padre. Ho convissuto ad esempio con il panico quando ancora nessuno sapeva come gestirlo o come intervenire ma sono i problemi che incontriamo che dovrebbero spingerci a fermarci e a rivalutare anche ciò che diamo per scontato.

Forse il momento più difficile è stato quando ho incontrato l’endometriosi e non riuscivo a rimanere incinta. Avevo quarant’anni quando ho scoperto di soffrirne. All’epoca, era meno conosciuta e sdoganata di oggi: ho dovuto andare dai più grandi medici e mettermi in gioco come persona. davanti agli occhi c’era la consapevolezza di stare vivendo un briciolo di fallimento anche nel non dare a mio marito la possibilità di diventare padre. Ho dovuto curarmi tanto, operarmi e fare molto altro ancora, mettendo a durissima prova il mio corpo.

Non dimentico quel periodo però ogni volta che guardo ricambiata mia figlia sento che ne valeva talmente la pena che non ricordo più quasi le sofferenze. Vivo tutto come un regalo ed è secondo me il modo migliore per godersi ciò che arriva.

Quello che hai con tua figlia Benedetta è un rapporto fatto di grande apertura. Somiglia a quello che avevi con tua madre?

No, è diverso perché io e mia madre eravamo proprio mondi diversi. Mamma era una donna molto intelligente ma anche difficile, tosta, complicata e autorevole: era quello che si dice un comandante mentre io sono molto più morbida. Cerco, sebbene non sia facile, di essere opportuna, di saper stare in silenzio, di ascoltare molto e di non giudicare. Quello che mi piace del mio rapporto con Benedetta è che ci siamo ritagliate del tempo tutto nostro per far qualcosa insieme che ci permetta di trasformare quei momenti in qualcosa di prezioso. Si è creata tra di noi un’intesa che va oltre le generazioni grazie alla quale mi diverto moltissimo: secondo lei, lo faccio per cercare di vivere il presente in modo sempre più coerente.

Annalisa Manduca (Foto: Alessandro Rabboni; press: Simona Pellino per CZ 24 Comunicazione).
Annalisa Manduca (Foto: Alessandro Rabboni; press: Simona Pellino per CZ 24 Comunicazione).
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