La guerra non ha il volto di donna: dalla letteratura all’attualità
Le tre ghinee, pur nascendo come pamphlet contro la guerra correlato alle condizioni materiali e sociali del “secolo breve” che è stato il Novecento, conserva intatta la sua straordinaria originalità.
Viriginia Woolf sviluppa la sua riflessione a partire dalla lettera di un avvocato che la interroga su “cosa si deve fare per prevenire la guerra”, sottintendendo cosa possono fare le donne per contribuire a tale progetto. La risposta che Woolf fornisce è precisa e concreta: si mettano a disposizione tre simboliche ghinee.
Una per costituire il fondo per l’istruzione femminile, l’altra per garantire l’accesso delle donne alle libere professioni e l’ultima per creare un’associazione femminile pacifista chiamata “la società delle estranee”
L’emancipazione femminile, per Woolf, è strettamente correlata alla costruzione della pace: l’autrice, infatti, mette in rapporto sistema patriarcale e militarismo, per cui la guerra sembra “un abominio” tutto maschile. Il conflitto nasce da motivi patriottici. Le donne, a causa della loro marginalizzazione politica, ne sono quindi escluse:
come donna non ho patria, la mia patria è il mondo intero
A partire da questo presupposto, la scrittrice spiega come il sistema militare, basato sulla violenza e il potere, è lo specchio della società patriarcale che lo supporta e lo alimenta.
Tutte le istituzioni della società ricreano rituali simili a quelli militari: per questo motivo, esiste un legame forte tra il sistema d’istruzione superiore (il mondo chiuso e baronesco dei college maschili), l’accesso alle cariche pubbliche e alle professioni (che Woolf definisce “un’altra porta sprangata” per le donne) e la guerra.
Nella pagine di Woolf viene messa in luce l’interdipendenza esistente tra sistemi di potere da cui le donne sono escluse ma, questa esclusione, viene utilizzata come soluzione e virtù per la creazione di un sistema alternativo e pacifico:
se alle donne verranno attribuite le tre ghinee per istruzione e lavoro, riusciranno ad acquisire la forza necessaria non solo per combattere la società fascista ma anche a costruire una società “nuova” in cui vengano davvero rispettati i grandi ideali della Giustizia, della Libertà e dell’Uguaglianza
In questo contesto, la "Società delle estranee" ideata da Woolf, rappresenta un gruppo di donne che rielabora l’esclusione dal sistema dominante per crearne uno alternativo: insieme, il loro compito non è quello di dissuadere fratelli, figli e padri dal partecipare alla guerra, ma al contrario di assumere un atteggiamento di totale indifferenza.
Queste donne non dovranno combattere la guerra con le armi, ma con l’astensione. Dal momento che la donna non capisce il significato che gli uomini danno alla guerra – creata dal dominio maschile e dai suoi parametri - è necessario che non vi partecipi perché tutte le sue azioni sarebbero vane.
L’unica cosa veramente influente che può fare è lottare per guadagnarsi da vivere da sola: così facendo, diverrebbe vitale per l’economia e per la società e ogni sua azione avrebbe conseguenze determinanti. Le donne, per Woolf, non devono vivere nel mondo degli uomini come esseri passivi o come antagoniste, ma come soggetti che aggiungono alla società un valore che è quello della differenza.
Creare un sistema radicalmente differente è la traiettoria che Woolf indica per prevenire la guerra.
La guerra non ha il volto di donna
La guerra non ha il volto di donna è il libro di Svetlana Aleksiev, Premio Nobel per la Letteratura nel 2015, che racconta l'epopea delle donne sovietiche nella seconda guerra mondiale: rileggerlo, insieme a Le tre ghinee di Woolf, fornisce chiavi di lettura preziose per interpretare il presente.
Il 22 giugno 1941, con il cosiddetto “piano Barbarossa” Hitler invade l’Unione Sovietica, infrangendo il patto di non aggressione siglato nel 1939 dai ministri Molotov e Von Ribentropp: le armate tedesche si riversano nei paesi baltici, nell’Ucraina e nella Crimea e in soli tre mesi arrivano alle porte di Mosca e Leningrado. L’esercito sovietico non si arrende e riesce a riorganizzarsi, dando vita ad un’accanita resistenza.
Centinaia di migliaia di donne si mobilitano per integrare i vuoti creatisi nell’esercito; la maggior parte sono ragazze diciottenni, appena diplomate, quasi tutte volontarie
Svetlana Aleksievic, per due anni, ha raccolto le testimonianze di queste donne, che in un primo momento erano restie a parlare, perché avevano taciuto per quaranta anni, cercando di dimenticare quella loro esperienza. Dopo, invece, hanno cominciato a raccontare.
Come ha sottolineato l’autrice in un’intervista del 2016,
la guerra per le donne è un’altra cosa rispetto ai maschi. Mi hanno colpito le parole di una ex soldatessa sovietica che dopo una battaglia è andata a vedere il campo dove giacevano i morti e i feriti. Diceva: c’erano ragazzi, bei giovani, russi e tedeschi, mi dispiaceva ugualmente per tutti quanti. La morte e il dolore non conoscono differenze tra gli esseri umani. Ma lo sanno solo le donne. Un maschio raramente ragiona in simili termini. Le donne sono legate all’atto di nascita, alla vita. Gli uomini invece sono lontani dalla vita
Il manoscritto è rimasto nel cassetto per tanti anni, ostacolato dagli editori restii a pubblicarlo perché raccontava di una guerra narrata dal punto di vista non virile: senza la tenacia dell’autrice non avremmo mai avuto le preziose testimonianze contenute tra le pagine di questo libro. Dove ogni donna mette a nudo se stessa e i propri ricordi:
potrò mai trovare parole adatte? Posso raccontare come ho combattuto e sparato, ma raccontare quanto e come ho pianto non posso. Questo resterà non detto. So solo una cosa: in guerra l'uomo si trasforma in un essere spaventoso e oscuro
La Resistenza femminista oggi
Dalle pagine della letteratura al presente: il movimento femminista russo, uno dei pochi a non essere stato devastato dalla repressione statale, ha diffuso un appello per contrastare l'occupazione dell'Ucraina.
"Come cittadine russe e femministe" – affermano - "condanniamo questa guerra. Il femminismo come forza politica non può essere dalla parte di una guerra di aggressione e occupazione militare. Il movimento femminista in Russia lotta per i soggetti più deboli e per lo sviluppo di una società giusta con pari opportunità e prospettive, in cui non ci può essere spazio per la violenza e i conflitti militari".
Guerra significa violenza, povertà, sfollamenti forzati, vite spezzate, insicurezza e mancanza di futuro. Tutto ciò è inconciliabile con i valori e gli obiettivi essenziali del movimento femminista. La guerra intensifica la disuguaglianza di genere e mette un freno per molti anni alle conquiste per i diritti umani. Le femministe russe e coloro che condividono i valori femministi devono prendere una posizione forte contro questa guerra scatenata dalla leadership del nostro paese
Il loro appello, che invitano a diffondere, richiama alle pagine citate e conferma quello che le scrittrici avevano capito già il secolo scorso: la guerra non ha volto di donna.