Paola Zukar, la donna che ha rivoluzionato il mondo del rap italiano

Classe 1968, è partita da Genova per arrivare negli USA e tornare in Italia per cambiare le regole del gioco. Nel suo "roster" ci sono Fabri Fibra, Marracash e Madame. Ecco chi è Paola Zukar

Non servono tanti giri di parole: nel rap italiano c’è un prima Paola Zukar e un dopo Paola Zukar. Conoscere lei e la sua storia significa accettare un viaggio nel concetto di ‘game changer’, di quell’elemento capace di cambiare le regole del gioco, vedere lo spiraglio dove l’altro vede il buio, guardare oltre la cortina che per molti risulta invalicabile. Paola Zukar ha cambiato la storia contemporanea del rap senza mai scrivere una rima, ha rivisto le regole del gioco senza far saltare in aria la stanza dei bottoni, ha solo (si fa per dire) accompagnato per mano artisti grazie ai quali ora in Italia il rap ha senso di esistere, dalle cantine al mainstream.

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La sua storia inizia nel 1968 a Genova. Nella città che dell’intreccio tra parola e musica ha fatto una ragione di essere, il papà profugo istriano conosce la mamma, impiegata nella salumeria di famiglia. Vive e cresce in un condominio di via Priaruggia, nel quartiere di Quarto. Ed è proprio il papà il suo contatto con il mondo esterno, con quello spirito aperto al globale che ne condizionerà in positivo tutta l’esistenza. Nel 1977 dal Giappone le arriva in tasca il primo walkman, la piccola rivoluzione che le consente di portare sempre con se la musica che più ama. Frequenta l’istituto turistico quando conosce un Marines che le chiede di seguirlo a Washington. Lì le si apre davanti il mondo della musica black, vive in prima persona le tensioni razziali crescenti, vede crescere il mondo dell’hip hop che per molti ‘ultimi’ rappresenta quel megafono altrimenti impossibile da trovare.

La svolta con l'ingresso in un negozio di dischi

Tornata a Genova dopo l’esperienza negli USA inizia gli studi di Pedagogia, ma la svolta arriva entrando in un negozio di dischi. Su uno scaffale trova la fanzine ‘Aelle’, rivista autoprodotta interamente dedicata al mondo dell’hip hop. Naturale, immediato scrivere una lettera (una vera lettera) chiedendo di collaborare. Sorprendente e rivoluzionario è stato ricevere in risposta un “sì” con la proposta di scrivere di rap internazionale. Da lì inizia la scalata nel mondo che ama, e così è nata la sua professione. Grazie alla collaborazione con “Aelle” ha il privilegio di incontrare calibri pesanti come Tupac o gli OutKast come corrispondente dalla Svizzera dove arrivavano tutte le nuove tendenze nel mondo del rap. Poi “Aelle” chiude e le si para davanti la proverbiale occasione nata da un intoppo: arriva la proposta di occupare di musica black e mondo urban per Universal.

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Inizia a lavorare per la major creando un sotto dipartimento chiamato ‘Urban Ring’ in un momento storico nel quale il rap era visto come una moda passata, un’era da dentro o fuori. Lei sceglie di rimanere dentro e cambiare le regole del gioco grazie anche all’amicizia con un certo Fabrizio Tarducci, meglio conosciuto come Fabri Fibra. Lui le manda i dischi che non trovano spazio, lei quello spazio glielo trova e nel 2006 arriva la firma con l’etichetta. Sarà il primo di una squadra che potrà vantare elementi come Mondo Marcio e Marracash arrivando poi a talenti contemporanei come Madame.

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In una scena spesso (e a sproposito) considerata maschilista e misogina, Paola Zukar si è quindi ritagliata pagine di storia riportando in alto un genere che, invece, stava rischiando di affondare dopo la primissima ribalta figlia della luce riflessa arrivata dagli USA agli albori del movimento. E di questo ha parlato nel suo libro, "Rap - Una storia italiana" (edito da Nuova ediz.), portando allo stesso tempo avanti un messaggio ben preciso con il suo lavoro: «L’hip hop quest’anno compie 50 anni e sta benissimo. Lo spirito è vivo e nonostante le incomprensioni e il “fuoco amico” endemico se la cava alla grandissima. Viva il rap e grazie infinite agli artisti che portano avanti la sua fiamma con lealtà, talento e dedizione. Fate sempre la differenza e vi rendo grazie per aver dato alla mia vita un senso compiuto».

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