Inquinamento da Pfas: cos’è e come possiamo proteggerci (per quanto possibile)

È solo di pochi giorni fa la notizia secondo cui sono stati trovati gli PFAS anche nelle acque potabili di Torino e comuni limitrofi: sono oltre 125.000 le persone che potrebbero aver bevuto acqua contaminata. Così, dopo Lombardia e Veneto, anche il Piemonte si aggiunge alla lista nera. Ma cosa sono queste sostanze e perché sono talmente pericolose da essere definite “minacce silenziose per la nostra salute”? Lo scopriamo nell’articolo di oggi

Cosa sono gli PFAS

Gli PFAS sono sostanze organiche perfluoroalchiliche: in altre parole, sono composti che hanno delle catene in cui gli atomi di carbonio sono parzialmente o totalmente sostituiti da atomi di fluoro. Ne esistono più di 5.000 tipi e hanno avuto moltissimo successo grazie alla loro proprietà di rendere qualsiasi cosa li contenga in grado di resistere ad altissime temperature. Fanno in modo di rendere indistruttibili le superfici delle padelle antiaderenti e sono fondamentali nei materiali antifiamma dei vigili del fuoco (come le schiume antincendio). Inoltre, aumentano la resistenza ad acqua e grassi impermeabilizzando tessuti, carta, pelli. Insomma, grazie a queste caratteristiche, trovano impiego in una vasta gamma di prodotti, toccando quasi tutti gli ambiti della nostra vita: dai detergenti per la casa alle vernici e così via.

In base alle loro caratteristiche chimiche, gli PFAS vengono suddivisi in varie categorie, i più famosi sono gli  PFOA (acido perfluoroottanoico) e gli PFOS (acido perfluoroottansulfonico).

Queste sostanze sono incolore, insapore e inodore. Ciò le rende praticamente invisibili a meno di analisi chimiche condotte in laboratorio. Sono poi sostanze mobili e quindi rischiose perché si diffondono ovunque.

Hanno però anche un’altra caratteristica agghiacciante: sono inquinanti persistenti, anche conosciuti come forever chemicals, nel senso di “inquinanti eterni”

Nulla e nessuno è in grado di degradarli, una volta nell’ambiente sono destinati a restarci per sempre e ad accumularsi negli ecosistemi acquatici, terrestri, nel sangue e negli organi degli animali (quindi anche i nostri). Prima di “smaltire” 10 nanogrammi, ci vogliono almeno 25 anni.

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L’impatto degli PFAS sulla salute

Diversi studi riferiscono come l’esposizione agli PFAS possa causare una serie di problemi gravi al sistema immunitario, danni al fegato, disturbi ormonali e cancro. Le fonti di esposizione vanno dall’ingestione di cibi contaminati fino all’acqua.

C’è una dose che dovrebbe preoccuparci? secondo uno studio: “se la somma di sette PFAS (MeFOSAA, PFHxS, PFOA, PFDA, PFUnDA, PFOS e PFNA) è compresa tra 2 e 20 nanogrammi per millilitro, vi è preoccupazione per gli effetti avversi”. Una valida guida del Ministero della Salute è possibile trovarla qui.

Qui trovate anche una mappa interattiva che mostra dove si sono diffusi maggiormente gli PFAS in Italia ed in Europa. In Italia,  le regioni più a rischio sono: Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana e Basilicata.

Come difendersi dagli Pfas

  • Evita l’acqua di rubinetto, soprattutto in zone che hanno subìto contaminazione nel tempo.
  • Meglio usare padelle in acciaio inossidabile o ghisa al posto di quelle antiaderenti
  • Se mangi pesce, meglio evitare quelli pescati in laghi e fiumi
  • preferisci i contenitori in vetro

Ad oggi non abbiamo la bacchetta magica ma ci sono buone speranze di riuscire a trovare una soluzione a questo problema. Per ora, l’unica cosa che possiamo fare è prendere qualche accorgimento e provare a proteggerci per quanto possibile.


Federica Gasbarro collabora con The Wom in modo indipendente e non è in alcun modo collegata alle inserzioni pubblicitarie che possono apparire all'interno di questo contenuto.

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