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Dal “No Bra” a #freethenipple: storia dei movimenti anti-reggiseno dagli anni ’60 a oggi

L'ultima a parlarne, non senza ironia, è stata l'attrice Gillian Anderson, che ha ammesso candidamente che "non indosso più reggiseni, sono troppo scomodi", riaccendendo i riflettori su una tendenza che risale in realtà a molti decenni fa.

Per alcune un accessorio indispensabile, per altre uno strumento di tortura. Pochi capi d’abbigliamento hanno il potere di dividere come il reggiseno, e il dibattito sulla sua utilità si è acceso soprattutto durante la pandemia di coronavirus, quando molte donne, complice il lockdown, si sono ritrovate a poter scegliere se fare a meno di molti oggetti e abitudini legate prettamente al lavoro e alla socialità. 

A questa “comfort zone estetica”, in cui make-up, tacchi alti e abiti formali sono rimasti relegati in cassetti e armadi, parecchie donne si sono felicemente e orgogliosamente abituate. E ciò che prima sembrava indispensabile è diventato superfluo, come appunto il reggiseno.

Gillian Anderson ironica "testimonial" del No Bra

A dare voce a questo pensiero e alla filosofia “No Bra” è stata recentemente Gillian Anderson, che durante un live su Instagram dello scorso luglio ha chiarito che “non indosso più reggiseni. Non posso indossarli, non ce la faccio”, rispondendo a una domanda sul suo guardaroba da lockdown. 

“Mi dispiace, ma non mi interessa se il mio seno arriva sino all’ombelico. Non indosso più il reggiseno, è troppo scomodo”, ha ribadito l’attrice, diventata un’icona a poco più di vent’anni grazie al ruolo dell’agente dell’FBI Dana Scully in “X-Files” e oggi star di serie di enorme successo come “The Crown” e “Sex Education”. Anderson d’altronde non è mai stata timida quando si è trattato di esprimere opinioni e pareri su argomenti spesso considerati un tabù, come per esempio la menopausa.

“Quanto sarebbe bello se potessimo arrivare al punto di avere conversazioni aperte e senza vergogna sulla menopausa", aveva detto alla rivista People nel 2017. "In cui si potesse ammettere, liberalmente, che è quello che sta accadendo. In questo modo non ci sentiremmo come se stessimo diventando pazze, o sole, nel mezzo dei sintomi che stiamo sperimentando. La perimenopausa e la menopausa dovrebbero essere trattate come riti di passaggio, che è quello che sono. Se non celebrati, quantomeno accettati, riconosciuti e onorati”.

Dalla bralessness a #freethenipple

Gillian Anderson è stata tra le ultime a esprimersi sul cosiddetto movimento “No bra”, ma non è stata comunque la prima. Anzi, quello che oggi viene definito "il movimento No Bra" affonda le radici già negli anni ’60, quando con la "Bralessness" le donne rivendicavano la libertà da imposizioni e dettami (della moda e della società) rinunciando al reggiseno: mostrarsi senza reggiseno è diventato rapidamente sia una dichiarazione di intenti sia una dimostrazione di stile, con icone dell’epoca come Jerry Hall, Bianca Jagger e Debbie Harris come testimonial.

Questa tendenza ha ripreso vigore negli ultimi anni, complice il movimento #freethenipple, letteralmente “libera il capezzolo”, partito nel 2015 dopo l’uscita dell’omonimo film. Le donne hanno protestato contro i divieti legali  riservati appunto solo alle donne (tutt’oggi sui social network uno scatto di un seno femminile in cui compare un capezzolo viene censurato, cosa che non accade per gli uomini che si mostrano senza maglietta e con capezzoli pienamente visibili) e contro i tabù culturali sull’esposizione del seno in luoghi in cui agli uomini è permesso mostrarsi in topless.

Tra le celebrity che hanno aderito alla campagna #freethenipple ci sono Kendall Jenner, Bella Hadid, e Emily Ratajkowski. Quest'ultima ha anche firmato un libro intitolato “My body”, in cui affronta il ruolo della donna nella società di oggi, il suo potere e anche il tentativo di alcuni media di sessualizzare e in questo modo “appropriarsi” del corpo femminile.

Il No Bra Day

Il movimento No Bra ha inoltre una giornata interamente dedicata - il 13 ottobre - istituita per la prima volta nel 2011 con due obiettivi: sensibilizzare sul cancro al seno e incoraggiare la gender equality. Per molte donne è diventata inoltre anche un’occasione per prendere una posizione netta su un capo d’abbigliamento ritenuto restrittivo e scomodo.

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