Trend

Cosa significa intersezionalità?

intersezionalità
10-01-2022
Discriminazione, disuguaglianza sociale e non solo. Ecco come affrontare queste piaghe, facendo proprio il concetto di intersezionalità e imparando come applicarlo

Mai come negli ultimi anni (e meno male) si sta facendo largo in modo sempre più forte e sentito il tema della lotta contro ogni forma di discriminazione e disuguaglianza. Una lotta che, di fatto, comprende tantissimi aspetti diversi: dal genere all’etnia, dalla razza all’orientamento sessuale, dal credo religioso alla disabilità ecc. Aspetti che, seppur unici e definiti, sono interconnessi tra loro. Rafforzandosi a vicenda e finendo per essere considerati come una totalità e non come elementi da affrontare singolarmente, uno dopo l’altro. Ed è proprio questo che viene trattato dal concetto di intersezionalità.

Ovvero il come, diverse forme di discriminazione e ingiustizia personale e sociale, si sommino al tal punto da creare dei veri e propri ostacoli al loro riconoscimento. Finendo per perdersi e per essere assorbiti in un tutt’uno generico. Che, al contrario, andrebbe sezionato e analizzato più del dettaglio e in ogni sua singola componente. Ma cos’è davvero l’intersezionalità e da cosa deriva questo concetto, forse apparentemente difficile da comprendere, ma a cui tutti almeno una volta abbiamo assistito o magari vissuto?

L’origine del termine intersezionalità

Nonostante il termine intersezionalità si sia notevolmente diffuso negli ultimi anni, entrando nel 2015 nell’Oxford English Dictionary e divenendo quasi di uso comune all’interno di dibattiti o manifestazioni (talvolta anche con un uso improprio), questa parola ha una sua origine ben precisa. E la si può trovare all’interno della storia femminista e antirazzista del XX secolo.

Nello specifico, questa parola fu creata e introdotta nel linguaggio comune dalla studiosa, docente e attivista femminista Kimberlé Crenshaw, nel 1989, descrivendola come una metafora per comprendere il modo in cui diverse forme di ingiustizia sociale molto spesso si sommano tra loro creando dei veri e propri ostacoli al loro riconoscimento.

Secondo la Crenshaw, infatti, quando si parla di intersezionalità, si deve immaginare una sorta di lente attraverso la quale è possibile leggere la realtà. Andando a sezionare e dettagliare le tante situazioni per cui, quando una determinata persona o categoria si trovano nel punto di unione tra diverse forme di oppressione o discriminazione, si arriva a non riconoscerne nessuna. Finendo in un limbo di indifferenza e assenza.

Le basi dell’intersezionalità

Un concetto che, quindi, si prefigge di promuovere una visione più approfondita delle cose, capace di valutare e riconoscere le diverse forme di oppressione, le declinazioni delle stesse che possono variare e seconda del contesto e della categoria e le loro radici comuni.

In particolare vanno tenuti sempre in considerazione tre aspetti di base:

  • la totale molteplicità delle differenze esistenti;
  • la possibilità di simultaneità delle diverse oppressioni e la negazione che esista una gerarchia di importanza;
  • l’importanza e la necessità di prestare attenzione al contesto e alle caratteristiche personali del soggetto, nel momento in cui ci si trova.

Esempi “pratici”

Complicato? Sicuramente, ma proprio per questo anche di assoluta importanza. Ecco perché è bene capire a fondo il concetto di intersezionalità anche con esempi diretti.

Pensate anche solo alla figura femminile e alle diverse discriminazioni che si possono subire solo perché donne. Se a queste, riferite al solo genere, si aggiunge il colore della pelle o l’orientamento sessuale, l’estrazione sociale o la religione ecc., questa discriminazione aumenta. Diventando un tutt’uno sempre più forte. In questo caso, però, sono molteplici gli aspetti in gioco e le forme di disuguaglianza applicate e che generano la discriminazione stessa.

Ma non solo. Un grande problema che riguarda moltissime donne in altrettanti Paesi è anche il gap salariale che interessa le lavoratrici di sesso femminile rispetto a colleghi di pari livello di sesso maschile. Analizzare questo problema senza tenere conto di altre componenti aggiuntive al genere, come il Paese di origine, il colore della pelle, la disabilità, ecc. è sbagliato. Poiché se è vero che da una parte si è tutte donne, dall’altra non si può e non si deve negare che ognuna ha caratteristiche diverse che generano discriminazioni diverse, è che è bene considerare.

Proprio la Crenshaw, infatti, prese in esame il caso di Emma DeGraffenreid, una lavoratrice afroamericana e madre, che nel 1976, insieme ad altre donne afro americane, impugnò una causa contro la General Motors. L’accusa mossa era quella di non assumere donne nere. Sì a uomini afroamericani, sì a donne bianche ma no alle donne afro americane. In questo caso si nota bene come la discriminazione subita da queste donne non sia definibile né solo al genere né unicamente all’aspetto razziale, ma che si trovi nel mezzo tra due le due, aumentandone la forza e l’impatto e, allo stesso tempo, sfuggendo da entrambe le classificazioni

Assimilare il concetto di intersezionalità, quindi, è un valido aiuto per comprendere questi complicati meccanismi e connessioni, imparando a districare questo sistema e i tanti aspetti che vanno a formare la complessa rete di oppressione e di disuguaglianza sociale. E che sono alla base di ogni forma di discriminazione e delle sue molteplici sfaccettature.

Riproduzione riservata