I pensieri negativi sono “brutte bestie” per tante persone. Tra loro ci sono anche le pretese disfunzionali, che sono frutto di una formulazione di pensieri eccessivi rispetto alla realtà. A loro volta, queste convinzioni possono trasformarsi in pensieri fortemente ansiogeni. La questione è piuttosto complessa, ma è molto interessante anche se non si è esperti di psicologia. Soprattutto, vale la pena sapere qualcosa delle pretese disfunzionali, soprattutto perché la maggior parte di noi tende ad averle (chi più chi meno) e perché eliminandole si può vivere meglio.
Cosa sono le pretese disfunzionali
In un certo senso, le pretese disfunzionali rientrano nell’ampio gruppo delle convinzioni negative. Non per niente, un altro modo per indicare le pretese disfunzionali è credenze disfunzionali, poiché sono convinzioni che nella nostra psiche si trasformano in aspettative e doveri (eccessivi) che applichiamo a noi stesse e che possono causare anche ansia anticipatoria.
VEDI ANCHELifestyle10 celeb che soffrono di ansia e panico e ne parlano a cuore apertoCosa c’entrano le convinzioni negative
Senza farsi spaventare dalla terminologia specifica, possiamo pensare che i pensieri negativi sono tutti quelli con cui osserviamo la realtà con degli occhiali assolutamente scuri. Cioè, quando ogni cosa ci appare sempre più drammatica e difficile di quello che probabilmente è in realtà. Secondo la psicologia, le convinzioni negative sono frutto di distorsioni cognitive, altro termine che possiamo trasformare nell’espressione più semplice “errori di ragionamento”.
Dalle distorsioni cognitive (che derivano dall’infanzia o da traumi) le persone possono sviluppare delle convinzioni negative. Con questo termine si indicano quindi varie credenze rispetto a te stessa, agli altri e al mondo. Tra i vari tipi di convinzioni negative, c’è anche quella della «doverizzazione».
La «doverizzazione»
In psicologia, con il termine «doverizzazione» si indica la tendenza a giudicare te stessa e gli altri alla base di ciò che una persona “dovrebbe” comportarsi. Le convinzioni negative di doverizzazione sono appunto le pretese disfunzionali, chiamate anche credenze disfunzionali.
Chi le ha identificate
Il primo a parlare di pretese disfunzionali lo psicoterapeuta statunitense Albert Ellis, che è considerato il precursore della terapia cognitivo-comportamentale. Nel 1982 è stato indicato dalle Associazioni di Psicologi statunitense e canadese come uno dei tre più influenti psicoterapeuti del XX secolo (oltre a Sigmund Freud e Carl Rogers).
Ellis fu il primo a identificare nei pazienti ansiosi delle convinzioni rigide ed irrealistiche, che definì irrational beliefs (in inglese, convinzioni irrazionali, cioè le pretese disfunzionali o credenze disfunzionali). Nei suoi studi, lo psicoterapeuta identificò le principali pretese disfunzionali, che vengono riassunte in queste formule enfatizzate: «Devo assolutamente», «È necessario», «Bisogna assolutamente», «Non posso tollerare».
I quattro ambiti delle pretese disfunzionali
In linea generale, gli esperti affermano che esistano quattro tipi di pretese disfunzionali, che ogni persona ha con gradi e combinazioni diverse. Ecco quali sono gli ambiti di queste pretese:
- Competenza e successo
- Atteggiamento degli altri
- Il mondo
- Controllo
La competenza e il successo
In questo tipo di pretesa disfunzionale, le persone associano la propria competenza in base al successo raggiunto. Un conto è l’ambizione, un conto è sacrificare troppo per raggiungere degli obiettivi (spesso eccessivi) o reagire male di fronte agli insuccessi. Gli esempi sono: «Devo assolutamente riuscire, altrimenti non mi posso accettare», oppure «Devo assolutamente essere la migliore, altrimenti sono una fallita».
L’atteggiamento degli altri
Queste convinzioni disfunzionali sono associate in forme di dipendenza dagli altri, per cui la percezione di sé è totalmente collegata al giudizio altrui. Alcuni esempi possono essere «Tutte le persone importanti per me devono amarmi» o «La gente deve apprezzarmi».
Il mondo
In questo caso di pretese disfunzionali, c’è una discrepanza tra quello una persona può fare e quello che pensa sia dovuto. Questo può portare a procrastinare i progetti, per l’incapacità di compiere sforzi e sacrifici necessari (e normali). Gli esempi sono: «Devo avere ciò che mi serve subito», «Non posso accettare di fare fatica per avere questa cosa».
In altre parole non si riesce ad accettare il fatto che vivere imponga il dover affrontare una serie di difficoltà inevitabile, e si vive queste difficoltà come un male incurabile di cui lamentarsi. Al contrario per essere sereni bisogna accettare che la vita adulta richiede qualche sforzo e presenta delle difficoltà, e il fatto di impegnarsi per superarle può aumentare il valore che diamo a noi stessi e la nostra serenità.
Il controllo
Anche in questo tipo di pretese disfunzionali, l’incapacità di percepire la vita reale può portare addirittura alla paralisi, pur di non vivere tutto ciò che non è prevedibile. Per esempio, si può pensare «Devo sapere/controllare quello che succede», «Non posso assolutamente correre alcun rischio».
VEDI ANCHELifestyleChe cos’è la somatizzazione dell’ansia?Perché le pretese disfunzionali creano problemi
Come detto sopra, gli psicologi ritengono che ciascuno di noi possa avere qualche (o più di una) pretesa disfunzionale. Il problema è quando si esprimono in maniera determinante nel quotidiano e condizionano negativamente la nostra vita.
Quando sono molto intense, le pretese disfunzionali non aiutano a reagire alle difficoltà. Non solo, infatti, possono addirittura rendere più dissociati dalla realtà, ma possono anche rendere sempre più inaccettabile la vita rispetto alle convinzioni eccessive. Per di più, questo potrebbe innescare una diminuzione dell’autostima e portare le persone a soffrire d’ansia, se non addirittura ad ammalarsi di depressione.
Come trattarle
Le persone che soffrono d’ansia, potrebbero individuare più facilmente le loro pretese disfunzionali come causa di malessere. Per imparare a gestire l’ansia, quindi, è fondamentale imparare a riconoscere quali distorsioni cognitive (da cui derivano le pretese disfunzionali) tendiamo a mettere in campo. In questo caso, è particolarmente indicata la terapia cognitivo-comportamentale (TCC), cioè quella ideata, in un certo senso, proprio da Albert Ellis. Questo tipo di terapia psicologica, infatti, ci insegna a identificare e correggere le distorsioni cognitive e le pretese disfunzionali. In seguito, il terapeuta guida il paziente a elaborare le informazioni in maniera più realistica, basata sui fatti, flessibile e non assoluta e a integrarle con pensieri maggiormente costruttivi e funzionali (le cosiddette psicosoluzioni).