Fame emotiva, emotional eating o fame nervosa: in qualsiasi modo la si voglia chiamare, questa condizione colpiscetantissime persone.
Sta di fatto che, sempre più spesso accade che sotto stress, o in condizioni particolari in cui la mente necessita di "distrarsi" temporaneamente, il cibo sembri l'unica evasione realmente efficace, un cuscinetto consolatorio che non fa del male a nessuno. Per capire come controllare la fame emotiva bisogna prima conoscerla, capire come si innesca e quali sono le cause: a questo punto si possono mettere in atto dei semplici esercizi efficaci nel combattere la fame emotiva. Andiamo a vedere come.
Che cos'è la fame emotiva
L'emotional eating, detta anche fame emotiva, non si può definire propriamente patologia, né tantomeno "disturbo alimentare". In effetti, quando si parla di cibo, ogni esagerazione può sfociare in patologia o disturbo. Tuttavia, se affrontata con cognizione, la fame emotiva può anche non comportare grossi danni. Il problema è che non sempre si riesce a gestire la fame con razionalità.
È proprio questo il fulcro di tutto: la fame emotiva arriva proprio nei momenti di debolezza. Arriva in quei casi in cui la nostra mente non riesce da sola a gestire le situazioni di stress o di depressione e, l'unica via più facile e piacevole, la trova nel cibo. Infatti chi ne soffre avverte una vera e propria sensazione di fame, che però nulla ha a che vedere con quella fisiologica e naturale, ma ha origine prettamente psicologica.
In poche parole, in alcuni individui, irritabilità, tristezza, stress, noia, ansia e altri stati emotivi negativi, riescono ad alleviarsi solo grazie a introiti sostanziosi di cibo.
VEDI ANCHELifestyle5 cose che puoi fare per stare sempre bene con te stessa (ed essere felice)Cosa cerca il cervello per risollevare l'umore?
Come funziona tecnicamente la fame emotiva? Solitamente gli individui in preda a una fame nervosa non si accontentano di verdurine bollite, di riso in bianco, o di insalatine scondite. La verità è che, in quei momenti lì, l'unico modo per risollevare l'umore è tuffarsi nei cibi grassi o dolci, che in qualche modo donano gratificazione.
Perché? Questi tipi di alimenti tipicamente ipercalorici o ultra zuccherati, prendono il nome di "comfort food" proprio perché la loro assunzione permette di scaricare in fretta qualsiasi tipo di tensione, come avviene con le dipendenze. Si tratta, infatti, di alimenti che il nostro cervello individua e seleziona proprio perché rilasciano alti livelli di dopamina. Questa, a sua volta, conferisce automaticamente al cervello proprio quello che cercava: soddisfazione e gratificazione immediata.
Il trucco è non farla diventare un'abitudine: non permettere al cervello di associare questi cibi in risposta allo stress e al dolore emotivo.
Gli esercizi per controllare la fame emotiva
Essere tristi, stressati e tuffarsi nel cibo ipercalorico, non fa che dar vita a un circolo vizioso senza fine. I cibi molto grassi o zuccherati - al di là di qualsiasi discorso sul peso - peggiorano il nostro benessere complessivo, oltre ad avere alla lunga ripercussioni sullo stato di saluto generale. Basti pensare a quanto una digestione difficoltosa ci dia una sensazione di disagio e pesantezza. Questo malessere si riflette poi anche sull'umore, che dopo la consolazione iniziale non può che peggiorare, e l'umore nero a sua volta può portare nuovamente a un altro episodio di fame emotiva.
La "culture diet" in cui siamo immersi poi non fa che peggiorare le cose: è molto facile dopo un episodio di fame emotiva avvertire un vero e proprio senso di colpa, avere la consapevolezza di essere stati "deboli" e senza volontà. Questo è sicuramente un estremo dannoso e anche privo di fondamento: se è vero che mangiare cibi grassi e zuccherati non fa bene, è anche vero che il singolo episodio non compromette la nostra salute e non ci rende delle persone "fallite". Semplicemente dobbiamo evitare di colpevolizzarci, cercare consolazione nel cibo non è un reato e può capitare. Concederselo qualche volta non è nulla di male
Il primo passo è proprio questo: sdrammatizzare e virare piuttosto sull'autoaccettazione e sul cercare di comprendere perché stiamo male. Cercare consolazione è normalissimo e anche sano, lavoriamo piuttosto sul costruirci fonti di consolazione più sostenibili.
VEDI ANCHELifestyleQuali sono le migliori tecniche di gestione dello stress?Ad esempio: se proprio il cibo è così consolatorio scoviamo qualche ricetta salutare ma allo stesso tempo golosa. Anche cimentarsi in cucina è un grande antistress. In generale fare qualche lavoro manuale è un grosso balsamo per l'anima, a suo modo paragonabile alla meditazione. Il lavoro che va fatto è individuare questo diversivo e metterlo in pratica all'occorenza
O ancora individuiamo qualche attività gratificante ma anche benefica. Ad esempio: è universalmente riconosciuto che fare attività fisica produce endorfine e migliora l'umore, e anche se in un brutto momento andare a fare sport non è magari il nostro primo pensiero proviamo a costruire questa abitudine. Può bastare una camminata o una corsetta, magari ascoltando musica in cuffia (si, anche la musica può migliorare l'umore)
Differenza tra fame nervosa e stressoressia
In realtà, ad esistere non è solamente la fame emotiva, quella che ti fa fiondare sul cibo per far passare le emozioni negative. A quanto pare, esiste un'altra categoria di persone che, nei momenti più bui, smette di mangiare.
Stiamo parlando della "stressoressia", una condizione sempre appartenente allo spettro dei disturbi alimentari che prende vita soprattutto tra le donne in carriera. Alla base di quest'abitudine, infatti, ci sono un eccessivo senso del dovere e un sovraccarico emotivo che spingerebbero le persone a dimenticarsi di mangiare. Tra lo stress dei mille impegni quotidiani divisi tra casa, figli e lavoro, nelle persone affette da "stressoaressia" non ci sarebbe proprio tempo per l'alimentazione, con conseguente perdita di peso, a volte anche troppo drastica.
Anche questo è un modo di riversare stress e malessere sul normale funzionamento del meccanismo della fame. Si tratta di un problema da non ignorare e che richiede un piccolo lavoro di attenzione su noi stesse.