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Cosa è la rimozione e come capire se la stai usando

rimozione meccanismo di difesa
20-07-2022
Tutti conoscono il meccanismo psicologico della rimozione, uno degli strumenti più potenti che il nostro cervello ha a disposizione per proteggerci da quello che ci succede

Dei meccanismi di difesa della mente umana, quello della rimozione è probabilmente il più conosciuto e famoso. Non solo perché si presta così bene alle configurazioni letterarie e cinematografiche, ma perché anche i non addetti ai lavori, spesso, lo hanno vissuto in minima parte per proteggersi da qualcosa che, nel loro passato, li avrebbe destabilizzati.

Questo argomento è molto serio e molto importante: non trattare il nostro articolo come un compendio completo, quanto più un’introduzione a un argomento davvero complesso e di livello universitario. Se hai bisogno di approfondire i legami con quello che senti di aver dimenticato del tuo passato, dovresti parlarne non con Google, ma con un terapeuta professionista. Ricordati che lo Stato mette a disposizione il Bonus Psicologo, e che esistono anche altre alternative se non hai la disponibilità economica per andare da uno psicologo.

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Cos’è la rimozione

Ho rimosso” è una frase che usiamo spesso, e con tanta leggerezza, riferendoci a qualcosa che capita in modo frequente nella vita di tutti giorni. Eppure, questa affermazione in apparenza innocente fonda le sue basi in un meccanismo di difesa molto potente che il nostro cervello mette in atto per proteggere l’equilibrio delle cose.

Nel processo di rimozione sono coinvolte diverse aree cerebrali, come la corteccia frontale, il sistema limbico e l’ippocampo. La mente non riesce a razionalizzare e accettare informazioni conflittuali, dolorose, incomprensibili e invece di distruggervisi contro sceglie di rimuoverle. Al posto di questi ricordi “cancellati” non rimane il vuoto, l’amnesia totale, ma uno spettro d’ansia che si manifesta in tanti modi differenti, dal dubbio patologico all’angoscia.

Quando una situazione è talmente spiacevole da ricordare che ci provoca una reazione fisica ed emotiva, il nostro cervello sceglie di sospenderla e bloccarla. Un’idea brillante che potremmo e dovremmo applicare anche alla nostra vita sui social media.

Tornando sul punto, la rimozione è inizialmente, secondo gli studi scientifici, un’azione volontaria della persona. Si comincia con un’esperienza traumatica che, quando viene rievocata, provoca dolore insopportabile. Il cervello non tollera questo annebbiamento, e ogni volta che scegliamo di riportarlo alla mente lo facciamo con un filtro sempre più alto. Quando i dettagli cominciano a sbiadire, l’evento sembra meno doloroso. A un certo punto, quasi senza rendercene conto, smetteremo di riportare a memoria un evento trascurabile, poiché privato di tutti gli elementi che lo rendevano scabroso.

Cosa rimuoviamo per difenderci?

Come abbiamo già detto, la rimozione smussa, attenua, mette in secondo piano. Dimenticare davvero e completamente è però quasi impossibile: le informazioni non scompaiono e in qualche modo continuano a influenzare la vita, sebbene in modo meno devastante.

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La rimozione è un meccanismo di difesa potente che ci permette di proteggerci dalla vita là fuori. Tuttavia, presenta i suoi limiti. I sintomi della rimozione includono ansia, angoscia, dubbio e attacchi di panico, e non c’è altro modo per guarire se non chiedere aiuto con un percorso ben strutturato di psicoterapia.

In questo processo mentale, la corteccia frontale sceglie di rimuovere i contenuti “intollerabili”, ovvero elementi che contrastano profondamente con il nostro modo di vedere la realtà. Quando le evidenze della vita si oppongono brutalmente al modo di pensare di qualcuno, la rimozione è un ottimo strumento per sospendere un giudizio che ci lascerebbe demolite.

Nel significato psicoanalitico originario, la rimozione prevede che a una data emozione non corrisponda un evento nella nostra memoria. Proviamo dolore, insomma, ma non riusciamo a capirne la causa scatenante. Col tempo e lo studio psicologico, la rimozione si è trasformata in quello che oggi viene considerato un processo del tutto normale nel funzionamento della nostra mente. Il problema è che i suoi effetti possono essere davvero invalidanti.

Se mi fai male ti cancello

La rimozione non è il crimine perfetto. Non ci permette di superare qualsiasi evento traumatico uscendone immacolate. Ci permette, piuttosto, di sopravvivere. E nessuna di noi sogna, per i suoi progetti futuri, la semplice sopravvivenza.

Il compito di un bravo psicoterapeuta qualificato è quello di lavorare insieme al paziente alla ricerca di una metabolizzazione dei contenuti che sono stati rimossi. Se senti di avere dei “pezzi mancanti” nei tuoi ricordi, non ti spaventare. E soprattutto non pensare che vada bene così, specialmente se queste assenze ti creano ansia e panico.

Come faccio a parlarne con uno psicoterapeuta se non me lo ricordo? Da che parte si inizia? Il primo contatto con un professionista è sempre delicato, ma al tempo stesso importante. Non avere paura di partire da lontano nelle tue spiegazioni. Non avere paura di spiegargli gli effetti pratici sulla tua vita, le conseguenze della rimozione che forse hai affrontato.

Ricordati che questo meccanismo di difesa non va confuso con la repressione, per la quale sei tu a bloccare i ricordi indesiderati, o la dissociazione, dove l’esperienza consapevole è invece distopica e alterata. Insomma: se stai rimuovendo, hai bisogno elaborare con un professionista il tuo passato, imparando così a indossarlo come un’armatura.

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