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“La nostra bromance story non ha paura del giudizio altrui” – Intervista esclusiva a Sem&Sténn

Sem&Sténn si sono fatti conoscere grazie a X-Factor, hanno scalato la scena europea e sono tornati con un nuovo singolo, Bromance, una canzone manifesto contro le prigioni della mascolinità. TheWom.it li ha incontrati per un’intervista esclusiva.

Sem&Sténn hanno da poco pubblicato il loro nuovo singolo, Bromance, una ballad accelerata per raccontare l’inizio di una bromance story. Cosa si intenda per bromance ce lo spiegano gli stessi Sem&Sténn nel corso di questa intervista in esclusiva per TheWom.it, al termine della quale ci annunciano anche i loro nuovi progetti.

Dopo il concept album Agarthi, Sem&Sténn stanno lavorando al loro nuovo album, di cui Bromance è il secondo assaggio, arrivato a pochi mesi da Rocky in featuring con Mudimbi. In Bromance, il duo fattosi notare con X-Factor osserva da un’altra angolazione un nuovo modo di esprimere una mascolinità che non ha paura del giudizio altrui o dei preconcetti. Complicità e sentimento tra uomini non sono più un tabù di cui vergognarsi: il loro è sempre stato un rapporto indefinito, fluidi e senza confini.

“Siamo partiti da noi, dalla prigione sociale in cui in quanto maschi siamo stati rinchiusi, costretti a dover soddisfare determinati standard per non rimanere esclusi. E di come il nostro rapporto ci abbia aiutato ad uscire dalla gabbia”, hanno dichiarato Sem&Sténn. “L’idea è quella di raccontare le fasi di questo processo: il proprio riflesso negli occhi dell’altro, la riscoperta di noi stessi, il supporto reciproco, la liberazione dal senso di colpa, la voglia di esprimere la propria sessualità. Con questo progetto vogliamo distruggere le costrizioni sociali che imprigionano il mondo maschile, per farlo nostro, e per renderlo più fluido e libero di essere contaminato. È tempo per noi di riconnetterci con i nostri corpi e di offrire una nuova possibilità”.

Ma è così facile oggi in Italia dichiararsi artisti queer e non uscirne in qualche modo svantaggiati? È una delle domande che abbiamo posto a Sem&Sténn, che per la prima volta parlano delle difficoltà incontrate, della loro visione del panorama musicale e, soprattutto, di loro stessi, di come hanno vissuto la loro sessualità e di come hanno trovato uno specchio l’uno nell’altro.

Sem&Sténn.
Sem&Sténn.

Intervista esclusiva a Sem&Sténn

È uscito da poco Bromance, il vostro ultimo singolo. Come nasce?

(SE) Bromance è nata la primavera dello scorso anno, abbiamo aspettato il momento giusto per farla uscire. È la prima canzone che abbiamo scritto e che fa parte della nostra nuova fase, una fase segnata dall’evoluzione e dalla sperimentazione. Abbiamo voluto sperimentare qualcosa di nuovo, fondendo suoni elettronici con suoni più organici.

(ST) Questo nuovo progetto ci ha permesso di tornare un po’ indietro e di riscoprire le nostre radici, chi siamo. Abbiamo voluto indagare qual è stato il nostro primo rapporto. Abbiamo ritrovato l’entusiasmo e la voglia degli inizi, di quando avevamo semplicemente voglia di fare musica indipendentemente dalle pressioni.

Cosa intendete voi per “bromance”?

(SE) Facciamo riferimento a quello che è il valore che il dizionario dà alla parola: una relazione, di qualsiasi tipo, amorosa tra due uomini, una relazione affettiva molto stretta ma che non preclude il lato fisico. Il bromance è una relazione che non ha paura del giudizio. Va oltre alcuni stereotipi della società patriarcale per cui il maschio non può manifestare affetto nei confronti dell’altro maschio senza dover necessariamente essere etichettato in un determinato modo. Per noi, il bromance è anche una nuova definizione dei rapporti tra maschi.

Bromance afferma senza timore che esiste un’altra mascolinità che è del tutto opposta a quella tossica. Chi ha mai detto che tra due uomini non possa esistere un forte legame di affetto o che un uomo non possa giocare con il proprio corpo come fanno le donne? In questo, voi siete stati onesti sin dall’inizio del vostro percorso artistico: vi siete mostrati per quello che eravate. Pensate di averne pagato lo scotto o di essere stati invece avvantaggiati?

(SE) Di vantaggi ne abbiamo visto pochi. Quando abbiamo cominciato noi, la scena queer italiana musicale era pressoché inesistente. Ci chiedevano come mai eravamo i primi, oggi abbiamo una risposta: non era facile. Si finisce con l’essere etichettati musicalmente e a volte è limitante: noi non vogliamo essere popolari solo perché appartenenti alla comunità LGBTQIA+. Quella è una parte di noi ma non è tutto: noi vorremmo che si mettesse prima di tutto in risalto la musica, senza nascondere assolutamente ciò che siamo. Era ed è il nostro obiettivo sin dall’inizio.

Sem&Sténn.
Sem&Sténn.

Bromance è stato per voi anche un modo per riscoprire il vostro rapporto. Cosa avete dunque riscoperto?

(ST) Abbiamo ritrovato il fatto di esserci sempre l’uno per l’altro, di poter guardare indietro e vedere quanta strada insieme abbiamo percorso. Tra cose negative e positive, abbiamo realizzato che siamo sempre stati insieme a supportarci a vicenda come il primo giorno.

(SE) Io, che sono un cancro e quindi nostalgico, ho riscoperto anche i miei vecchi look del liceo, che ho deciso di riprendere. La moda degli anni Duemila oserei dire che era veramente poco comoda, dai pantaloni a vita bassa in poi che portavamo allora con nonchalance.

La mascolinità spesso viene rinchiusa in prigioni che non corrispondono al vero modo di essere. C’è qualcuno che avrebbe ad esempio voluto cambiarvi?

(SE) Non ci siamo mai chiesti come ci avrebbero voluti. Quando abbiamo cominciato a fare musica, venivamo dalla scena dei club milanesi, una sorta di bolla in cui eravamo liberi di essere noi stessi. Ci conoscevano tutti come coppia sia artistica sia nella vita. Fuori dalla bolla, con la nostra ingenuità e spontaneità, ci siamo presentati in televisione per quello che eravamo. Non ci siamo chiesti come ci avrebbero voluto: nel corso degli anni avevamo già avuto a che fare con diversi tipi di lavoro che ci avevano disorientati su come ci volevano o no, a volte faceva comodo che fossimo gay mentre altre volte no. Abbiamo voluto con dignità essere noi stessi ma non perché volevamo essere la prima coppia queer della musica italiana: non c’era questo calcolo dietro.

Sinceramente, non pensate che oggi troppi artisti utilizzino la scena queer per una questione di comodo?

(SE) Il fatto di per sé non ci crea sentimenti negativi. Però, c’è un problema di fondo: manca ancora enormemente la rappresentanza queer. Lo sdoganamento queer avrebbe dovuto generare, nella nostra visione delle cose, un’apertura ma questa ancora non c’è. Sembra che essere queer sia soltanto una questione estetica: abbiamo fatto dei passi avanti rispetto ad anni fa ma non è ancora abbastanza. Sono curioso di vedere tutto ciò a cosa porterà. Per ora, ha portato veramente a poco.

È bello poter vedere artisti anche etero che sposano le cause queer: gli alleati servono, soprattutto quando hanno una certa risonanza. Ma è difficile che i membri della comunità LGBTQIA+ abbiano la loro stessa visibilità. Occorre che chi si fa portavoce di determinate lotte dia una mano concreta a tutta la comunità se la causa gli sta veramente a cuore.

Sem&Sténn.
Sem&Sténn.

Voi avete mai avvertito dei pregiudizi in ambito nei vostri confronti?

(SE) Continuamente. Di solito, quando ti percepiscono come artista LGBTQIA+, ti associano immediatamente al trash e ciò non dà giustizia a tutti gli artisti che esistono al di fuori di quell’ambito. Accade perché in Italia per decenni le poche figure LGBTQIA+ che sono emerse facevano parte dell’intrattenimento trash. Ci sono preconcetti nello showbiz che fanno fatica a essere estirpati. Non si capisce perché ad esempio chi canta in jeans e tshirt sia necessariamente etero, per quale criterio?

E non parliamo poi di quelli che ruotano intorno alle artiste donne. Per questo ammiro molto Elodie, che ultimamente ha dato una rinfrescata al suo progetto artistico, mettendosi in gioco con le coreografie e giocando con il suo corpo. Le sono comunque piombate addosso una serie di critiche da haters che sottolineavano come con la sua voce non ne avesse di bisogno. Come se una cosa escludesse l’altra.

E, nel privato, quanto vi ha condizionato il pregiudizio?

(SE) A me, per natura, poco.

(ST) A me, invece, sì, soprattutto negli anni dell’adolescenza. Cercavo di adeguarmi a quello che era lo standard del maschio medio della mia zona per non dare troppo nell’occhio, per non avere lo sguardo di tutti puntato addosso. Essere descritto come strano o diverso mi generava imbarazzo e mi faceva stare molto male. Per essere come gli altri, ho cambiato il mio modo di fare, i miei interessi, il mio modo di vestire.

E quando hai capito che non dovevi dar retta a quello che pensavano gli altri?

(ST) Sembrerà sdolcinato ma Sem ha cambiato totalmente la mia visione delle cose perché non avevo mai conosciuto una persona come lui. Ha cambiato la mia chiave di lettura del mondo e da lì in poi ci ho preso anche fin troppo la mano. Adesso è lui che alle volte mi dice “anche meno”!

Sai perché non è sdolcinato ciò che dici? Perché per la prima volta, grazie a Sem, hai avuto la possibilità di confrontarti direttamente con qualcun altro che viveva le tue stesse problematiche. Ti sei sentito meno solo.

(ST) Durante la mia adolescenza, non c’erano dei punti di riferimento come quelli che, banalmente, oggi puoi trovare anche su Instagram, Facebook o TikTok. Non avevi modo di confrontarti con delle persone che stavano vivendo la tua stessa esperienza e che potessero darti una testimonianza. Ed è anche per questo che sin dall’inizio abbiamo deciso di non nascondere mai niente di noi: volevamo in qualche modo essere d’aiuto a tutti quei ragazzi e quelle ragazze che crescono e si pongono diverse domande sulla loro identità. Devono sapere che possono star tranquill*. La tranquillità è un sentimento che non ho avuto il privilegio di provare durante l’adolescenza: sono felice ora se posso esser utile a qualcuno.

Mi stupisce la vostra diversità di esperienza. Sem è cresciuto al sud, a Rosolini, in Sicilia. Sténn invece al nord, a Chiari, in Lombardia. Mi sarei aspettato una situazione al rovescio.

(SE) Non crediate che non abbia avuto problemi. Semplicemente, ho una personalità che mi ha sempre spinto a vivere come volevo. Però, in realtà, anch’io prima di conoscere Sténn, non ero così aperto nel mostrare chi ero veramente. Sì, con il mio modo di vestire o i miei gesti, andavo controcorrente ma non ero mai riuscito a essere io al 100%.

Sem&Sténn.
Sem&Sténn.

Il vostro inizio è segnato dalla partecipazione a X-Factor. A distanza di anni, pensate che sia stata formativa come esperienza?

(SE) Non l’abbiamo mai rinnegata come esperienza, sia quando eravamo dentro al talent sia dopo. Ci ha permesso di crescere molto come artisti e di lavorare dei numeri con dei numeri uno del panorama musicale. Avevamo a disposizione un team che ci ha accolto e ci ha spinto a puntare sulle nostre caratteristiche. Temevamo inizialmente di trovare dei muri o delle restrizioni e, quindi, è stato tutto una piacevole sorpresa.

I problemi, semmai, sono sorti dopo: il talent ti lascia addosso un’etichetta che difficilmente ti levi di dosso. Il pubblico di massa elegge un vincitore e gli altri vengono considerati come coloro che non ce l’hanno fatta. In realtà, anche gli altri continuano a muoversi nella scena musicale, soprattutto nell’underground continuano ad avere una vita e una carriera artistica. Noi abbiamo fatto un certo scalpore anche all’estero e abbiamo avuto modo di collaborare con artisti pazzeschi.

Sono del parere che i talent siano oramai troppi e che avrebbero bisogno di fermarsi per qualche anno per permettere agli artisti di respirare: si fa fatica quasi a ricordare chi ha vinto l’anno prima, per esempio.

(ST) C’è un problema che, secondo me, riguarda tutta l’ambito musicale: la troppa velocità. Si masticano e si buttano via artisti e canzoni in maniera quasi vorticosa. Si è creata così una sorta di ruota che, girando troppo velocemente, sacrifica molte persone che magari meritano attenzione e tempo ma a cui si è data una sola possibilità prima di essere scartate. Questo fa sì che gli artisti non possano esprimersi nel modo in cui meritano: non ne hanno il tempo. Un album viene considerato vecchio un’ora dopo la sua uscita dimenticando quanta fatica comporti. Per fare un album, noi che teniamo tantissimo allo sviluppo di un concept e al suo insieme, impieghiamo tempo affinché le dieci tracce che lo compongono siano ben organizzate, costruite e distribuite. È veramente triste sapere poi che dopo una settimana è già troppo vecchio.

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In una vostra canzone passata, 18 anni, vi immaginavate da grandi parassiti o super star. Avete oggi un bilancio?

(SE) Nell’animo, sono sempre stato superstar: si nasce con questa vocazione e non mi è ancora passata. Parassita mai.

(ST) Non riusciamo a dipendere da niente e da nessuno. Facciamo sempre le nostre scelte, impegnandoci e consapevoli che ce la dobbiamo cavare da soli.

Non posso però non ricordare il mio pezzo preferito, Ho pianto in discoteca. Quand’è l’ultima volta che avete pianto in discoteca?

(SE) Non ricordo l’ultima volta ma ricordo le più eclatanti quando, durante una sbronza, a diciotto anni mi capitava di piangere in discoteca. Perché magari c’era qualcuno che mi piaceva e non potevo fare il primo passo. Soffrivo molto la cosa perché non potevo essere me stesso e vivere liberamente chi ero.

(ST) Io non piango quasi mai, tantomeno in discoteca. Se piango, è solo per esasperazione in situazioni di grande stress. Non mi commuovo facilmente: ho più consolato gente che piangeva in discoteca!

State lavorando al vostro nuovo album. Avete fatto un pensierino all’ipotesi Sanremo?

(SE) Stiamo aspettando il momento giusto. Non neghiamo di aver voglia di portare grandi idee su quel palco. Bisogna vedere se gli altri sono pronti alle nostre idee!

Bromance è il secondo singolo dopo Rocky che ci permette di avvicinarci al vostro nuovo album. Sono due canzoni tra loro molto diverse. È spontaneo chiedervi che direzione prenderà l’album.

(ST) Ti anticipiamo che il 4 agosto uscirà un terzo singolo, Self Control (che non è la cover della canzone di Raf!). Andiamo contro le regole della discografia che vuole che ad agosto non esca nulla. Il nuovo disco avrà al suo interno tante sfumature, non ci piacciano i lavori che hanno le stesse identiche sonorità dalla prima all’ultima canzone. Ci saranno come dicevamo prima sonorità elettroniche ma anche acustiche, grazie al lavoro dei due chitarristi con cui stiamo collaborando: Lorenzo Odorizzi e Nervi, due artisti che vi invitiamo ad ascoltare. Di base c’è la voglia di divertirci e di far canzoni che ci calzano addosso senza farci troppe paranoie.

Sem&Sténn.
Sem&Sténn.
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