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Mariana Falace: “La mia paura dell’amore” – Intervista esclusiva

Mariana Falace
Giovane attrice napoletana, Mariana Falace è già stata diretta da Carlo Verdone, Paolo Sorrentino e Gabriele Muccino, tre dei più grandi autori del cinema italiano. La sua è la storia di una ragazza determinata che, a dispetto di un mondo contro, ha lottato per inseguire i suoi sogni e le sue passioni sin da quando da bambina la facevano sentire “diversa”.

Stiamo vedendo Mariana Falace in questi giorni nella seconda stagione della serie tv Sky A casa tutti bene, diretta da Gabriele Muccino. Mariana Falace interpreta Regina, l’amante di Diego (Antonio Folletto). Molto bella e sensuale, Regina ha conosciuto Diego sul luogo di lavoro e per molto tempo sono stati inseparabili, fino al momento in cui, come a tante persone nella sua situazione, il ruolo di amante è cominciato a starle stretto. Ha allora posto Diego davanti a un bivio, minacciandolo di raccontare tutta la verità a sua moglie Sara (Silvia D’Amico). Da allora, è trascorso un anno e Regina è una donna molto cambiata: ritorna in scena più matura, adulta e, soprattutto, consapevole. Almeno così l’abbiamo vista nei primi episodi della serie.

Del resto, ricoprire il ruolo dell’amante non è facile per nessuno. I sentimenti in gioco sono tanti e non sempre è facile tenere a bada quella montagna russa che si chiama amore. E la parola amore torna inevitabilmente al centro di quest’intervista con Mariana Falace che, in un racconto molto intimo e inedito di sé, ci confessa di avere paura del sentimento e di non crederci forse fino in fondo anche a causa di un evento occorso nella sua vita. Non colpevolizza quanto le è accaduto intorno ma ammette candidamente di esserne rimasta ferita. Una cicatrice, la sua, che è tornata a riaprirsi in maniera forte proprio mentre si preparava in Accademia per il ruolo di Regina.

Determinata ma con tante vulnerabilità, Mariana Falace è cresciuta nella provincia napoletana, dove sin da piccola l’hanno fatta sentire “diversa” per la sua passione per la recitazione. Nessuno credeva che quel mestiere potesse fare per lei né tantomeno la sosteneva. Per fortuna, ha avuto dalla sua parte anche chi in lei ha sempre creduto, come la nonna.

Con un’esperienza televisiva alle spalle che non rinnega ma che non le è stata di aiuto nel suo percorso, Mariana Falace è entrata nel mondo del cinema dal portone principale: il primo a puntare su di lei è stato ad esempio Carlo Verdone, che l’ha voluta nel suo Si vive una volta sola. Sono arrivati dopo il premio Oscar Paolo Sorrentino e Gabriele Muccino, a dimostrazione di quanto credere in se stessi porti a dei risultati inaspettati. La vedremo prossimamente in due film molto diversi, il dramma Lovita (in cui interpreta Samantha, una donna vittima di violenza domestica) e la commedia Un weekend “particolare” a fianco di nancy Brilli, Enzo De Caro e Corrado Fortuna.

Ma intanto scopriamo dalle sue parole chi è Mariana Falace, quella ragazza cresciuta, a dispetto di ogni credenza, in una famiglia del sud dalla forte impronta matriarcale, in cui la prima grande donna è stata la bisnonna originaria di Johannesburg.

Mariana Falace.
Mariana Falace.

Intervista esclusiva a Mariana Falace

“Scusami ma il mio cagnolino abbaia alla porta”, mi risponde Mariana Falace, quando nel corso di quest’intervista veniamo interrotti. “Sta con me da quasi due anni, ho sempre amato gli animali ma lui è il primo cagnolino che ho tutto per me. Mi ha cambiato la vita: è come un figlio. Ho provato a farlo dormire nella sua cuccia ma mi segue ovunque, anche a letto”. E basta capire da come si relazione con il suo barboncino che tipo di persona è Mariana Falace: semplice, umile, sincera e sensibile, l’esatto contrario di come abbiamo imparato a conoscere la sua Regina.

Nella seconda stagione della serie tv Sky A casa tutti bene, Regina sembra andare incontro a un gran cambiamento: da stronza, come l’abbiamo vista nella prima stagione, a donna sofferente.

È vero: nei primi episodi possiamo definirla una grandissima stronza come tante altre amanti, mi verrebbe da dire. Ma in realtà è una donna fondamentalmente ferita e illusa: molte donne (ma anche uomini) possono identificarsi in lei. Regina ama e prova dei sentimenti molto forti nei confronti di Diego, arrivando sul finale della prima stagione a compiere un gesto molto disperato solo perché non sa più come catturare la sua attenzione. Da qui, si intuisce che è una donna mentalmente disperata, molto fragile e vulnerabile.

Nella seconda stagione, torna dopo un anno: si è curata e il suo cambiamento è scioccante. Già dal primo episodio, la vediamo in una versione anche più chic e un po’ bon ton: al cambiamento estetico corrisponde un cambiamento interiore in corso. Ma la domanda da porsi è un'altra: è veramente cambiata? Non prova veramente più niente per Diego? Occorre aspettare il proseguire della storia per capirlo.

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A cosa si fa appello per interpretare un personaggio così complesso?

Interpretare Regina o, comunque, un personaggio del genere non è molto facile. È stato difficile perché Regina è molto lontana da me. Abbiamo qualcosa in comune: l’impeto, la schiettezza e un pizzico di menefreghismo. Ma, a differenza sua, non riuscirei mai a stare con un uomo sposato: devo essere io la prima e unica scelta dell’uomo con cui sto. Non giudico il personaggio ma non riuscirei mai a fare quello che ha fatto lei.

Per interpretarla, ho studiato diversi mesi (studio tuttora all’Accademia Duse International di Francesca De Sapio), ho cercato di ricostruire il suo passato, un passato non scritto nel copione, e ho provato a immaginarmela come una donna sola, abbandonata dal padre e cresciuta solo con la madre: le è mancata la figura paterna e ciò spiegherebbe l’attaccamento fortissimo che ha nei confronti di Diego.

Mi è servito per poi poter interpretare le mie scene sul set e vincere anche la paura di dovermi confrontare sul set con attori con molta più esperienza di me. Attori da cui ho provato a catturare quanto più possibile: ho capito che questo mestiere, alla fine, si impara facendolo. Studiare è importantissimo ma anche guardare recitare gli altri e seguire il regista lo è altrettanto.

Cresciuta con la madre e senza una figura paterna accanto. Non è un po’ quello che è accaduto a te?

Non potrei però mai dire che mio padre è stato un padre assente. Fino ai miei 13 anni, abbiamo vissuto tutti sotto lo stesso tetto: io, mio padre, mia madre e mio fratello. È dopo la separazione dei miei genitori che sono cresciuta più che altro con mia madre e mia nonna, la madre di mia madre (una figura per me molto importante ancora oggi). La figura paterna mi è venuta a mancare dopo e ancora adesso abbiamo un po’ di difficoltà nel capirci: non so, ad esempio, fino a che punto mio padre possa appoggiare il mio mestiere e il lavoro che ho scelto. Questo mi ha portata sia ad aver sofferto un po’ sia ad essere quella che sono oggi, perché porto ciò che ho dentro anche nei personaggi che interpreto.

Il non credere da parte degli altri nella strada che hai intrapreso è un po’ una costante della tua vita. A parte tua nonna, nessuno ti ha mai veramente appoggiata.

Ho anche il supporto di mia madre: è una donna stupenda con cui ho anche un bellissimo rapporto di amicizia. Siamo proprio amiche e più solo madre e figlia! Il problema di fondo è un altro. Sono cresciuta in un posto di provincia, Castellammare di Stabia, con tutte le difficoltà del caso. Crescendo, dire di voler fare l’attrice non era dire come voler diventare avvocato o medico: era come se in quel momento perdessi di credibilità.

Tant’è che, se un giorno uno dei figli che spero di avere mi dicesse che vuole intraprendere la mia stessa strada, la cosa più importante che potrei fare nei suoi confronti è lasciarlo libero di fare quello che vuole: alla fine, ciò che più conta è seguire le proprie passioni. Io ho avuto la fortuna di avere una nonna che mi ha appoggiato senza alcuna esitazione, sin da quando piccolina recitavo nella mia stanza e mi vestivo come chi interpretavo. Mi piacevano molto i travestimenti.

Mariana Falace.
Mariana Falace.

Com’è stato crescere a Castellammare di Stabia, nella provincia napoletana?

Ho un rapporto molto strano con la mia terra. La amo immensamente: ogni volta che sono a Roma sento il bisogno di tornare, di stare con la mia famiglia e di vedere il mare. Ma, dopo un po’, sento il bisogno di andarmene nuovamente: quella di Castellammare è una realtà molto difficile da vivere per me. Mi sono sempre scontrata con gli altri e ho avuto dei problemi sin da quand’ero piccola. Alle scuole elementari, ad esempio, ho sofferto di bullismo: gli altri mi vedevano diversa da loro perché non seguivo (e non seguo) mai la massa o quello che facevano loro. Avevo sempre dei libricini con me e mi mettevo a leggerli: per questo, venivo sfottuta… ma a me piaceva tantissimo leggero anziché uscire nel parco e giocare con gli altri.

Per fortuna, non ho mai avuto amicizie sbagliate. Ma i pericoli c’erano sempre: a 13 anni, non potevo uscire da sola di sera per andare a prendere un gelato, dovevo essere seguita da mio fratello o da mio padre. Era pericoloso per una ragazzina: si rischiava di essere seguita dai maschietti che componevano le piccole bande che si formavano.

In più, per me era una realtà ancora più difficile perché non avevo la possibilità di studiare quello che più mi piaceva, la recitazione. Le scuole in zona erano poche, a Castellammare ce n’era solo una e mio padre non mi permetteva di frequentarla. Tant’è che a diciotto anni, finite le superiori, sono andata subito via.

E com’è stato per te, giovanissima, lasciare casa e trasferirsi a Roma?

È stato drammatico. Roma è una città stupende ma è tanto più caotica e grande rispetto a Napoli, figuriamoci di un paese della sua provincia. Trovare delle amicizie, ad esempio, non era facile ma tutto è cambiato nel momento in cui mi sono andata a iscrivere all’Accademia. Con i ragazzi che la frequentavano siamo diventati un tutt’uno: c’era chi arrivava da posti più lontani o da realtà ancora più chiuse del Sud ed è stato quasi naturale unirsi ed entrare in empatia.

A Roma, poi, si respira arte e ciò permette a chi vuole fare il mestiere di attore di sentirsi una persona un po’ più normale, motivo per cui già dopo un paio di mesi mi ero abituata e mi sentivo accettata. A rischio di equivoci, di arte ce n’è anche tanta a Napoli: il teatro è nato lì, ad esempio, e molti dei grandi big del cinema italiano sono napoletani (amo Troisi e la Loren) ma per mentalità non c’è un dopo. Vuoi fare teatro? E cosa fai dopo? È come se mancasse il rispetto per questa professione.

Mariana Falace in una scena di A casa tutti bene con Antonio Folletto.
Mariana Falace in una scena di A casa tutti bene con Antonio Folletto.

L’Accademia che hai scelto, la Duse, ha la nomea di essere abbastanza dura, centrata su una formazione che potremmo definire “classica” nell’accezione più nobile del termine.

Ho scoperto l’Accademia Duse perché amo tanto Luisa Ranieri (e solo dopo ho scoperto che per cinque anni l’ha frequentata anche Sabrina Impacciatore). Dopo aver sostenuto il provino, ho cominciato a seguire i corsi e ho realizzato che era davvero particolare come accademia: si seguiva il metodo Stanislavskij-Strasberg e Francesca De Sapio si è rivelata una grandissima insegnante.

Si stava e si sta lì a scoprire molto anche della propria interiorità e a tirarla fuori, paure comprese. Si scava nel proprio io e si vanno a ricercare problematiche risalenti a quando si era anche bambini: a volte, non è facile ritornarci sopra perché dopo si sta anche male. E si fanno anche degli esercizi molto complicati come il momento privato dell’attore, grazie al quale ho scoperto tantissime cose.

La frequento oramai da tre anni. L’esperienza rende il metodo più semplice, aiutandoti ad arrivare molto più facilmente all’interpretazione della parte. Ed è allora che capisci quanto sia importante unire il set allo studio. Credo che non smetterò mai di studiare se voglio far seriamente questo lavoro.

Qual è la tua più grande parentesi personale che ti sei ritrovata ad affrontare mentre studiavi?

Prima di andare sul set di A casa tutti bene, in Accademia mi sono sottoposta all’esercizio del momento privato dell’attore. Non ero più Mariana ma Regina: avevo con me le foto di Diego da appendere nella stanza in cui dovevo esibirmi davanti agli altri: si chiama momento privato ma sei pur sempre davanti agli altri. Fingendo di essere Regina, nell’immaginare il suo passato, ho scritto una lettera al padre. E nel farlo ho rivissuto tutti quei momenti in cui anche a me, Mariana, è mancato mio padre.

Il primo regista a sceglierti per u suo film è stato Carlo Verdone per Si vive una volta sola. Poi sono venuti anche Paolo Sorrentino per È stata la mano di Dio e Muccino sia per la serie tv sia per il cortometraggio Open Your Eyes. Si può dire che sei entrata nel mondo del cinema dal portone principale. Cosa ti hanno insegnato questi tre grandi autori così diversi tra loro?

Sono tre grandi registi molto diversi l’uno dall’altro ma mi hanno insegnato cos’è l’umiltà e quanta ne serve per fare questo mestiere: al di là di tutto, come persona è fondamentale rimanere sempre con i piedi per terra. Il set con Verdone è stata la mia prima esperienza: mi sono ritrovata davanti a lui, ad Anna Foglietta, a Rocco Papaleo e a Max Tortora, potevo avere solo una paura immensa ma mi hanno accolta come se facessi questo lavoro da sempre. E lo stesso è accaduto sul set di Sorrentino: dopo aver finito di girare la scena, mi da dato una pacca sulla spalla, dimostrandosi la più semplice delle persone.

Mariana Falace con Corrado Fortuna sul set di Un weekend "particolare".
Mariana Falace con Corrado Fortuna sul set di Un weekend "particolare".

Regina per amore è disposta a tutto. Tu che rapporti hai con l’amore?

Oddio, che domanda difficile. Ho molti muri e scudi a proposito. Forse è perché sono stata un po’ delusa dall’amore. È normale che accada dopo che vedi i tuoi genitori separarsi dopo vent’anni di matrimonio. Non voglio dare la colpa a loro, ci mancherebbe, ma sono rimasta delusa dal vedere come due persone possano smettere di amarsi e andare ognuna per la propria strada.

Questo mi ha portata a non credere fino in fondo nei sentimenti ma spero un giorno di ricredermi. Ho amato nella mia vita e mi sono anche fatta male. Ma continuo ancora a cercare l’amore perché se c’è una cosa che vorrei è diventare madre e crearmi una mia famiglia: ecco perché spero di poter abbattere i miei muri. Per amare qualcun altro devi prima metterti a nudo e capire che persona sei.

E tu hai capito che donna sei?

Sicuramente una donna determinata e forte ma con tante fragilità che non mostra. So cosa voglio: continuare con questo lavoro. Ho tanti sogni e tante passioni ma devo ancora trovare quel qualcosa che in più che faccia cadere le mie barriere.

E sei serena come donna?

Ci sono delle cose che mi fanno stare serena ma ce ne sono tante altre che devo ancora scoprire di me stessa. Ho 28 anni, non sono più una bambina ma non sono nemmeno una donna del tutto adulta. Ci sono ancora tante sfaccettature di me stessa che devo scoprire per poter asserire di essere serena al 100%. Attualmente, vivo attimi di serenità.

E serenità vuol dire per te anche recitazione. Hai scoperto la passione per il teatro a sei anni quando per la prima volta tuo nonno ti ha portata a teatro a Londra a vedere un’opera di Shakespeare.

Ci trovavamo a Londra e mio nonno mi portò al Theatre Royal Drury Lane a Covent Garden. Lui era un ballerino: gli piaceva tantissimo ballare, soprattutto latino-americano, anche con mia nonna. Mi portò a vedere lo spettacolo perché era convinto che fosse un’opera di danza. Da dove lo avesse dedotto, non lo so: era tutto scritto in inglese e forse non conosceva bene la lingua (ride, ndr). In realtà, era un musical tratto da Shakespeare ma io mi innamorai così tanto di quell’opera da ripromettermi che un giorno anch’io sarei salita su un palco. Fu un’emozione così forte che piansi: non capivo niente di quello che accadeva in scena per via della lingua ma piansi.

Nonno quindi era un ballerino. Di conseguenza, la vena artistica risiedeva già in famiglia.

Più che dal nonno, penso di averla ereditata dalla bisnonna, che ho avuto la fortuna di conoscere. Era originaria di Johannesburg e ha conosciuto il bisnonno durante la Seconda guerra mondiale. Appena arrivata in Italia, aveva cominciato a lavorare in una fabbrica di piselli prima e in cucina come lavapiatti dopo. Nonno stava nell’esercito come capitano e quando l’ha vista si è subito innamorato. Dai racconti che ho anche sentito, la mia bisnonna era una donna molto forte, un carattere che mi ha trasmesso, che anche durante la guerra amava prepararsi e truccarsi. Ricordo ancora che da piccola la guardavo truccarsi e inevitabilmente la copiavo: forse in qualche modo anche lei ha stimolato il mio desiderio di recitazione.

Mamma, nonna e bisnonna: l’impronta del matriarcato è fortissima nonostante quello che si è portati a pensare, anche per pregiudizio, del sud, dove si dice che il patriarcato abbia la meglio.

È bellissima come situazione. Tutti pensano a famiglie con un padre padrone ma io ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia tutta al femminile…

Mariana Falace.
Mariana Falace.
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