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La bambola di pezza: Denunciate chi vi adesca on line

La bambola di pezza è il film che Nicola Conversa ha realizzato per riflettere su un tema alquanto delicato: il grooming o adescamento online. Ricordando l’importanza della denuncia, il film è disponibile su RaiPlay.

La bambola di pezza è il film di 23 minuti che Nicola Conversa ha scritto e diretto per porre l’attenzione su un tema che è una piaga dei nostri giorni e per la Generazione Z: l’adescamento on line. Siete davvero sicuri di conoscere bene cosa si celi dietro al principe azzurro che avete conosciuto su una delle tante app o sui social media che impazzano sul vostro smartphone? Quanto è pericoloso affidare la propria intimità, emotiva ma anche fisica, a chi è pronto a scucirvi anche l’anima?

Partendo da queste due spinose questioni si dipana il racconto del film La bambola di pezza, un cortometraggio di 23 minuti che trovate su RaiPlay (accompagnato da Insulti, brano di Carl Brave) ma che è figlio di un progetto transmediale molto più vasto e articolato. Il cortometraggio lineare, prodotto da One More Pictures con Rai Cinema, è stato presentato come evento speciale al Festival di Venezia ed è disponibile sulla piattaforma Rai con l’opzione dell’audiodescrizione e sottotitoli e versione LIS realizzata da Rai Pubblica Utilità.

Contemporaneamente, sull’App Rai Cinema Channel VR è possibile trovare il film La bambola di pezza in Virtual Reality 360. Ma il progetto si compone anche di un artwork realizzato da Yole Signorelli (@Fumettibrutti) e una serie podcast in 5 puntate in collaborazione con RaiPlay Sound.

Le cinque fasi dell’amore

Il film La bambola di pezza racconta la storia di Mia (Maria Sole Pollio). Mia è una sedicenne come tante, reduce dalla morte del padre e da una relazione sentimentale con un ex stronzo. Il percorso che Mia affronta dopo aver scaricato un’app sul suo smartphone, l’innocente My Dear Diary, è ricucito attraverso la voce di Amelia (Claudia Gerini), una psicologa, criminologa e madre, che parla dai microfoni di una radio o di un podcast, come ci piace presupporre vista la transmedialità del progetto La bambola di pezza.

Amelia spiega che ogni storia d’amore, a qualsiasi età, è fatta di cinque fasi ben delineate: il desiderio, la scoperta, l’analisi del rischio, l’isolamento e la resa. Come tableaux vivants, le cinque fasi vengono affrontate una per una mostrando la storia di Mia e della sua relazione tossica con Tommaso (Giancarlo Commare).

Nella prima fase, quella del desiderio, Mia scarica l’app e costruisce il suo profilo in maniera sincera. Il primo messaggio che riceve è quello di Tommaso, un diciassettenne che come lei si mostra fragile, sensibile e, circondato, da una solitudine dell’anima che altri faticano a comprendere.

Nella seconda fase, quella della scoperta, Mia e Tommaso cominciano a conoscersi e, superata la naturale diffidenza, si affidano l’una all’altro. Tanto che nel giro di tre giorni, Mia lascia su richiesta il suo numero di cellulare a Tommaso.

Nella terza fase, quella dell’analisi del rischio, Mia scopre di essersi innamorata del suo interlocutore virtuale. Ha le farfalle nello stomaco ed è pronta anche a chiudere gli occhi per lasciarsi andare all’onirismo del suo sentimento. E a fare ciò che non andrebbe fatto mai: correre il rischio di inviare imprudentemente un video a Tommaso, lasciandone le sorti alla sua buona fede e buon senso.

Nella quarta fase, quella dell’isolamento, Mia ha troncato quasi del tutto la sua vita sociale. Non ha mai incontrato Tommaso ma ha sviluppato una sorta di dipendenza dalla sua presenza virtuale e telefonica. Non ha più tempo per l’amico Lorenzo (Tommaso Cassissa) o per la cugina Silvia (Ludovica Coscione), che le sta anche preparando una festa di compleanno.

Nella quinta e ultima fase, quella della resa, cadono tutte le maschere. La resa in amore comporta il lasciarsi andare a un amore folle o lo scappare prima che arrivi il logorio dei sentimenti. Ed è in questa fase che Mia scopre come in realtà il suo principe azzurro, Tommaso, sia in realtà un groomer. È drammatico il loro primo incontro dal vivo. Da bambolina, così come veniva da lui chiamata, Mia si trasforma in bambola di pezza, in bambola rotta, realizzando quanto sbagliato sia fidarsi. Ma impara la più importante delle lezioni: denunciare e non temere di diventare una sopravvissuta. Solo così potrà aiutare chi si trova nella sua stessa identica situazione ed è vittima di una mente, diciamolo, deviata.

Il poster di La bambola di pezza.
Il poster di La bambola di pezza.

Solidarietà e apparenza

Nell’ultima fase del film La bambola di pezza, Conversa sceglie di dare anche un nuovo senso alla figura di Amelia. Senza spoilerare perché, Amelia diventa il simbolo di tutte quelle donne che sceglie la via della solidarietà anche a discapito dei propri affetti familiari. E permette anche di concentrarsi su un altro aspetto: chi è vittima di grooming, tende a chiudersi nel silenzio. Lo fa per paura o per vergogna. Chi è testimone di un caso di adescamento online o ne è a conoscenza ha l’obbligo morale di denunciare. Le app della polizia permettono ad esempio di farlo anche in maniera anonima. Non è il caso di Amelia, che chiama in prima persona le autorità, ma ricordiamola come opzione.

Tutta la vicenda di Mia e Tommaso è trattata con grande sensibilità e tatto. Conversa sceglie il punto di vista della protagonista ma anche della narratrice senza perdere mai di vista la drammaticità della situazione. E il cast scelto conferma quanto importante sia fare arrivare alle giovani vittime del grooming lo scopo del film La bambola di pezza: mai fidarsi e, sottolineiamolo ancora, denunciare. Denunciare per non diventare una delle tante facce di cui spesso i quotidiani raccontano per l’epilogo tragico che possono prendere le vicende: tra grooming e porn revenge il passo è pericolosamente corto. Ma, se gli adulti hanno più consapevolezza del rischio, gli adolescenti hanno bisogno di essere guidati e supportati.

Sono altresì interessante le scelte di casting fatte per il film La bambola di pezza. Alla spensieratezza e tenerezza di Mariasole Pollio, si contrappone l’ambivalenza di Giancarlo Commare, chiamato per la prima volta a recitare nella parte del carnefice. Il suo aspetto disarmante, affascinante e, se vogliamo, ingenuo contrasta con il suo animo nero, come a ricordare che non è la bella esteriorità non è mai sinonimo dell’essenza di un individuo. Mai fidarsi delle apparenze, ancora una volta. È encomiabile come a parlare ai giovani siano volti cari e noti ai giovani, facce in cui identificarsi e riconoscersi e linguaggi in cui immedesimarsi.

La bambola di pezza: Le foto

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Il grooming

Tentare di spiegare cosa sia il grooming e che peso abbia in Italia (e non solo) è uno dei compiti difficili del film La bambola di pezza, diretto da Nicola Conversa. Secondo le parole del professor Emanuele Caroppo, psichiatra e psicoanalista SPI che ha fatto da consulente scientifico del progetto, “il grooming online è un lento processo interattivo attraverso il quale il cyber predatore, con l’obiettivo di realizzare attività di natura sessuale o di sfruttamento di vario tipo, sviluppa una relazione intima e duratura con una giovane vittima inconsapevole”.

“Il processo – ha proseguito Caroppo, - spesso ha inizio con la simulazione strumentale del cyber predatore, o groomer, di un “prendersi cura” del mondo emotivo, affettivo e psicologico della vittima minorenne. Vittima che, raggirata, finisce col fidarsi ed aprirsi abbattendo ogni difesa e capacità di controllo. Il groomer seleziona le sue vittime partendo da ambienti virtuali frequentati da minori come, ad esempio, chat, forum e social network. La vittima più ricercata è sicuramente il minore con scarso controllo da parte della famiglia”.

Secondo i dati dell’Ocse, sono circa 500 mila i predatori sessuali attivi ogni giorno in rete. Le vittime di grooming online sono per il 50% giovani tra i 12 e i 15 anni, senza distinzione di sesso. Nel 2021, dei 531 minori approcciati dai groomer in Italia, 306 avevano meno di 13 anni. “Le principali fasi del processo interattivo sono: la fase della formazione dell’amicizia o friendship forming stage; a fase della formazione della relazione o relationship-forming stage; la fase della valutazione del rischio o risk assessment stage; e la fase dell’esclusività del rapporto o exclusivity stage”, ha spiegato Caroppo.

Il codice penale italiano considera l’adescamento online come reato dal 2012. “È importante specificare che il reato si configura anche se l’incontro offline con il minore non avviene; pertanto, il reato sussiste anche se l’adescamento non va a buon fine; è sufficiente il tentativo. Il reato viene punito con la reclusione da uno a tre anni”.

“Secondo i dati di una ricerca britannica, i giovani dai 5 ai 15 anni restano mediamente on-line 15 ore e 18 minuti a settimana”, ha voluto aggiungere la produttrice Manuela Cacciamani. “Il 44% di loro riferisce di possedere uno smartphone. E il 90% dei ragazzi tra gli 11 ed i 16 anni ha un account sui social media. A fronte di questo il 58% dei genitori dichiara di essere preoccupato per le minacce che gli estranei pongono on-line. La Rete è un mondo in cui poter interagire con persone nuove e diverse da noi. Vogliamo contribuire a far cresce la consapevolezza delle opportunità date dal digitale, convinti che il dialogo anche in famiglia riduca i rischi. Così come la tecnologia dovrà offrirci sempre più le soluzioni utili a contrastarli”.

“Ho deciso di sostenere il progetto di One More Pictures e Rai Cinema – ha spiegato l’attrice Claudia Gerini - che tratta tematiche così vicine agli adolescenti, perché le minacce in rete sono sempre più frequenti. Le possibilità che un adulto possa adescare sul web un minore particolarmente fragile purtroppo sono molto concrete. Da madre e da interprete spero di dare il mio contributo affinché questo progetto possa aiutare a informare, arrivando a sensibilizzare le coscienze sia dei genitori che degli adolescenti.  Abbiamo il dovere di proteggere le giovani generazioni evitando che diventino vittime di persone malvagie. Mi auguro che se ne parli il più possibile”.

Un dramma inatteso

Vincitore del contest La realtà che “non esiste”, ideato dalla produttrice Manuela Cacciamani, il film La bambola di pezza proietta lo spettatore nella tragedia dell’adescamento online senza che se ne rende conto, una scelta ben precisa fatta da Nicola Conversa. “La voce narrante enuncia le fasi dell’amore mentre sullo schermo le immagini che seguiranno saranno quelle dell’inizio di una persecuzione ossessiva. Lo spettatore non potrà fare altro che assistere impotente. Abbiamo voluto evidenziare ciò per far capire che la maggior parte delle volte la stessa giovane vittima si ritrova a confondere l’amore con l’ossessione. E si ritrova all’interno del dramma senza comprenderlo”.

“Abbiamo voluto raccontare una storia dai toni inizialmente leggeri e romantici - legata alle classiche farfalle nello stomaco adolescenziali - per poi renderla disturbante, opprimente evidenziando quel senso di impotenza e angoscia che prova un adolescente adescato e minacciato on-line”, ha continuato il giovane scrittore e regista.

“La scelta della bambola di pezza non è casual. Riprendere un classico gioco d’infanzia ci ha consentito poi di contrapporlo alla perdita di ingenuità a cui è destinata la vittima, che diventa una creatura inerme e inanimata. Da piccoli siamo stati abituati all’idea che nella sicurezza della nostra cameretta i giocattoli siano liberi di prender vita. Noi abbiamo voluto, invece, raccontare come un luogo sicuro - la camera che rappresenta la propria intimità e interiorità - possa divenire palco di orrori e tragedie e talvolta di morte”.

La bambola di pezza: Nicola Conversa sul set

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