Entertainment

Invisibili: Quando i desideri si scontrano con la realtà – La bella storia dietro al film di Federico Di Cicilia


Invisibili è il titolo del nuovo film di Federico Di Cicilia, opera seconda che arriva dopo quasi 22 anni di distanza dal suo debutto alla regia di finzione. Racconta la storia di un padre e di un figlio che invisibili finiscono per il diventarlo davvero nella provincia dell’Irpinia in cui vivono.

Invisibili, il film di Federico Di Cicilia, esce nelle sale italiane il prossimo 21 aprile. Prodotto da Jamfilm, ha avuto la sua premiere di recente al Los Angeles – Italia, incantando con la sua storia di frustrazione e mancata rivalsa personale. Sullo sfondo della vicenda c’è il sogno di un padre camionista che ha riposto tutte le aspettative sul figlio, speranza del calcio.

Un po’ come già accaduto in Mancino naturale di Salvatore Allocca, il calcio diventa sinonimo di riscatto da una vita di provincia segnata da valori retrogradi e ambizioni destinate a infrangersi. Protagonisti della storia sono l’attore Massimiliano Gallo, nei panni del padre Gerardo, e Gerardo De Blasio, in quelli del figlio Peppino. Accanto a loro recitano alcuni mostri sacri del cinema italiano, come Renato Carpentieri e Nello Mascia.

Cosa racconta Invisibili

Il nuovo film di Federico Di Cicilia, Invisibili, si apre dalla fine. Peppino Caputo, che tutti chiamavano Platini, non gioca più a calcio. Da piccolo, credeva a tutto quello che gli altri gli dicevano. Credeva alle parole dell’allenatore Carmando, interpretato da Nello Mascia, uno che diceva di vantare conoscenza a destra e sinistra nel mondo del calcio professionistico. E credeva alle parole del padre, Gerardo, un camionista del sud che, tra sacrificio e maschilismo tossico, mandava avanti la famiglia.

Tutto ciò a cui Peppino credeva si è però infranto. Il mondo del calcio è un lontano ricordo, così come un ricordo distante è quello di una famiglia se non amorevole almeno sotto lo stesso tetto. Il padre Gerardo sta vivendo il suo primo e vero momento di frustrazione. Lo vediamo in preda alla depressione, senza un lavoro e con un grosso debito da ripagare. Un debito che ha contratto con Don Antonio, signorotto locale con il volto di Renato Carpentieri, per permettere al figlio Peppino di giocare a Roma.

Le sue tre regole in cui Gerardo credeva - donne, vino e gol – gli si sono rivoltate contro. Il miraggio di vedere il suo Peppino come l’amato Rivera gli ha lasciato un debito di 30 mila euro mentre le donne e il vino hanno fatto sì che la moglie Angelina lo lasciasse. Stanca di anni passati a essere solo la sera di casa, Angelina è scappata via con un nuovo amore, con chi saprà apprezzarla come donna e non le tarperà le ali. Gerardo, per intenderci, era colui che le aveva fatto smetto di fare la parrucchiera, il mestiere che la realizzava.

Fotografata la situazione finale, Federico Di Cicilia lascia che il film Invisibili ci racconta come si è arrivati a quel punto in casa Caputo. Torna indietro fino a quando Peppino era bambino e mette in piazza la personalità di Gerardo, senza sconto alcuno. Scopriamo così che Gerardo è un uomo tutto di un pezzo, figlio di una cultura maschilista che lo vede come il signore di casa, un ruolo che è quasi un premio per le sue fatiche da camionista.

Renato Carpentieri e Massiliamo Gallo in Invisibili.
Renato Carpentieri e Massiliamo Gallo in Invisibili.

Siamo tutti invisibili

“Chi non ha figli, è gay” o “Le donne servono solo a far capricci” sono solo due delle massime che Gerardo pronuncia ma che inquadrano perfettamente la sua realtà. Una realtà provinciale, meridionale, italiana e, ahinoi, universale. Laddove la cultura e il progresso non arrivano, ci pensa la tradizione arcaica a trasmettere etica e valori. Qualche bicchiere di troppo, una relazione extraconiugale con Svetlana e un carattere indomito fanno il resto, dipingendo il quadro di un uomo contro cui è facile puntare il dito.

Invisibili, il film di Federico Di Cicilia, ha il suo nocciolo in una frase che lo stesso Gerardo pronuncia: “Facciamo quello che facciamo. Ma la realtà è che siamo tutti invisibili”. Il tema dell’invisibilità da sempre affascina la narrazione cinematografica regalandoci personaggi da amare e odiare al tempo stesso: Gerardo è uno di questi. Il calcio è il mezzo per cui ricerca visibilità ma non per se stesso: per suo figlio Peppino, non interrogandosi mai cosa voglia il figlio. E il peso di Gerardo è tutto sulle spalle di Massimiliano Gallo, attore che stupisce con la sua versatilità e la sua voglia di confrontarsi con personaggi spesso più ricchi di ombre che di luci.

A Peppino potrebbe piacere perdersi nella lettura di Robinson Crusoe o poter vivere serenamente la sua storia d’amore in erba con la coetanea Jenny, senza che l’ombra del padre gli ricordi il peso del sacrificio. Da piccolo, ad esempio, si vedeva vietare il gioco per strada con gli altri bambini per timore che potesse farsi male. Gli è mancata dunque una certa dose di socializzazione, elemento che si porta dietro anche a Roma, quando ha l’occasione di entrare a far parte di una vera squadra giovanile di genitori.

Forse l’unico modo per non restare invisibili, nel substrato della provincia, è quello di andarsene via e vivere i suoi anni. Per Peppino arriverà il momento di salutare i desideri e abbracciare la realtà, facendo qualcosa di concreto per la sua famiglia. Le treccine da calciatore saranno sostituite da un taglio netto di capelli, un taglio che segnerà la sua partenza per il servizio di leva (nella storia ancora obbligatorio) e la fine della sua innocente spensieratezza. Una bella sorpresa è il giovane Gerardo Di Blasio, con un volto che non lascia inermi.

Massimiliano Gallo in Invisibili.
Massimiliano Gallo in Invisibili.

Un film dal budget ridotto

Quello che stupisce del film Invisibili è il modo in cui Federico Di Cicilia ha affrontato le difficoltà tecniche prima e personali dopo per realizzarlo. È riuscito, seppur con un budget limitato, a realizzare un film piccolo ma dal cuore grande, senza effetti speciali ma onesto. Ricordando a tutti che il cinema è prima di tutto maestria, magia e artigianato.

“L'idea iniziale era quella di girare il film alla maniera della nouvelle vague, ha raccontato a noi di TheWom.it. “Sapevamo però di avere a disposizione solo una 5D. Una macchina molto leggera che non mantiene la stabilità nei movimenti di macchina. Per questo avevamo costruito dei binari ed un carrello, insieme ad un dolly artigianale.

Purtroppo, però questi mezzi “artigianali”, non hanno retto la prova delle riprese vere e proprie. Già dal primo giorno, in parte sprecato per l'instabilità della macchina da presa, a causa del vento, ci siamo resi conto che non potevamo utilizzare quei binari, quel dolly (a piccole dosi) e soprattutto era difficile organizzare piani sequenza, anche con la macchina a mano.

Rimaneva solo lo stile di ripresa anni 30', con due macchine e con inquadrature fisse, cercando di privilegiare la composizione dell'immagine, dando spazio agli attori e alla profondità di campo, alternata all'utilizzo dei teleobiettivi, tipico degli anni ‘70. Cercare di tenere in equilibrio tutto questo è stato a volte complicato. Con il montaggio, però, Invisibili ha ritrovato le ellissi, i jump cut, la divisione in capitoli, e altre caratteristiche che volevamo inserire nello stile del film. Per questo Invisibili è un film ibrido, un film indipendente e a basso costo che si è dovuto scontrare con mille problematiche tecniche e soprattutto economiche, mantenendo però una sua dignità”.

La locandina di Invisibili.
La locandina di Invisibili.

Da A mio padre piace Rivera a Invisibili

Invisibili è un film a cui Federico Di Cicilia ha cominciato a lavorare una decina di anni fa. È rimasto per tanto tempo in un cassetto, sebbene un work in progress fosse stato già presentato al Giffoni Film Festival del 2013. Perché, vi chiederete? Beh, innanzitutto per una questione economica.

“Il progetto del film è nato dall'idea di poterlo realizzare in crowdfunding”, ci ha detto Di Cicilia. “Nel 2011, circa, facemmo un sito, con l'aiuto degli amici di Arteteke, per cercare di produrre il film, che all'epoca si chiamava A mio padre piaceva Rivera. Il progetto di crowdfunding non è andato a buon fine. Abbiamo racconto qualche spicciolo tra amici e parenti, ma mi ha permesso di muovere le acque e incontrare Alberto De Matteis, imprenditore di Avellino, che ha deciso di investire nel progetto.

Sono stati commessi diversi errori a livello produttivo per inesperienza. Era la prima volta che provavo a produrre un film e mi sono trovato spesso da solo. Naturalmente, non abbiamo avuto nessun tipo di finanziamento pubblico. La troupe si è accontentata di un rimborso spese e gli attori “importanti” hanno avuto un contratto di associazione in partecipazione.

Ma il gruppo di lavoro che si è formato, fatto principalmente di ragazzi e ragazze irpini, che hanno partecipato ad un laboratorio di cinema organizzato dal GAL Cilsi, ci ha permesso di avviare la fase delle riprese: iniziate nel giugno del 2012 per poi proseguire a singhiozzo fino alla fine del 2013 (anche se abbiamo presentato una versione work in progress al Giffoni 2013.) Il film è stato accolto bene dal pubblico in sala, ma per me andava sistemato. All'epoca il film, dopo diverse revisioni di sceneggiatura, fatte da me, si chiamava L'ultimo goal”.

Ma i problemi economici non sono i soli. È intervenuto nel frattempo qualcosa di molto personale che ha segnato Federico Di Cicilia e il destino stesso del film Invisibili: la morte del primo figlio del regista, Antonio, come ci ha rivelato. “La revisione del montaggio, e quindi della sceneggiatura, del mixaggio e di tutto il resto si è fermata per mancanza di soldi. Ma soprattutto, credo, si sia fermata perché per me quel film, questo film, è coinciso con un evento tragico della mia vita.

La nascita del film, il montaggio, è venuto dopo la perdita del mio primo figlio, Antonio, a cui il film era ed è dedicato. Non si può descrivere quello che si prova ed è difficile superare questa cosa e scegliere di andare avanti. Per anni, io e il mio film, ci siamo trascinati in un limbo emotivo che rendeva difficile trovare la lucidità giusta per sistemare il montaggio”.

Poi, come per volere del fato, la pandemia si è rivelata fondamentale per le sorti di Invisibili. “Poi è arrivato il Covid. E, nel frattempo, sono arrivati i miei due figli Stefano Antonio e Gabriele. Stare chiusi in casa, con loro e mia moglie mi ha ridato la forza di chiudere e quindi far “rinascere” il film. Ma non poteva più essere L'ultimo goal, scanzonato e a tratti fiabesco. La mia vita era stata travolta dagli eventi ed io ormai ero diventato un personaggio del mio film. Come loro, mi sono fatto condizionare ed abbattere. Come loro ero diventato un “Invisibile”. E come loro, il film stesso era diventato “Invisibile”. E questo è il suo percorso. Non sarà certo il film della mia vita, ma ne descrive una parte”, ha sottolineato Di Cicilia.

Invisibili: Le foto

1/10
2/10
3/10
4/10
5/10
6/10
7/10
8/10
9/10
10/10
PREV
NEXT
Riproduzione riservata