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A muso duro: Su Rai 1 un film tv ripercorre la storia del medico che ha istituito le Paralimpiadi

Nel film tv di Rai 1 A muso duro, Flavio Insinna interpreta il dottor Maglio, colui che ha dedicato la sua intera esistenza a rendere visibili coloro che fino a quel momento vivevano confinati, arrivando a fondare le Paralimpiadi.

Va in onda il 16 maggio su Rai 1 il film tv A muso duro, diretto da Marco Pontecorvo, con protagonista Flavio Insinna nei panni di Antonio Maglio, il medico e dirigente dell’INAIL che ha dedicato la sua intera vita al pieno recupero delle persone disabili. La storia vera di Maglio è fondamentale per la nascita delle Paralimpiadi. Si deve a lui e alla sua determinazione la prima Paralimpiade del mondo, disputata a Roma nel 1960.

Oggi milioni di persone in tutto il mondo seguono con passione le gare Paralimpiche e si emozionano di fronte alle immagini degli atleti. E ciò lo dobbiamo in buona parte a Maglio. La sua lungimiranza, unita a impegno, passione e lungimiranza, ha fatto sì che la diversità motoria non fosse più sinonimo di confinamento nello sport e nella vita di tutti i giorni.

Cosa racconta il film

A muso duro, il film tv che Rai 1 propone lunedì 16 maggio, racconta l’edificante storia di Antonio Maglio. Partendo dall’idea che lo sport possa essere un potente ed essenziale strumento riabilitativo, alla fine degli ‘50 il professor Maglio crea una struttura all’avanguardia apprezzata a livello nazionale e internazionale, che si distingue per la capacità di recupero fisico e psichico dei paraplegici. Cambiando completamente il metodo di cura ridà loro una motivazione per vivere nonostante la malattia.

Il passo successivo è nel 1960, quando il medico dirigente dell’INAIL riesce a far disputare a Roma la prima Paralimpiade del mondo, sfruttando gli impianti sportivi costruiti per le Olimpiadi appena concluse. Con pochi mezzi e superando difficoltà di ogni genere, immagina, concepisce e organizza un Torneo Internazionale ribaltando il concetto di disabilità. Fa’ uscire dall’ombra e pone per la prima volta al centro di una grande manifestazione sportiva persone con handicap fisici.

A quell’evento parteciparono quattrocento atleti provenienti da ventitré nazioni e cinquemila persone seguirono con passione le gare: tiro con l’arco, giavellotto, pallacanestro, nuoto, scherma. Per la prima volta degli “invalidi” uscirono dai luoghi dove prima vivevano confinati. Si mostrarono al mondo come uomini e donne, integri e orgogliosi dei risultati raggiunti. E per la prima volta il mondo li guardò come tali.

A muso duro racconta, quindi, la nascita di un progetto che molti considerarono folle. Folle perché negli anni ’50 essere vittima di una grave menomazione significava perdere lavoro e ruolo sociale. Perdere non di rado anche gli affetti per venire relegati in un limbo vuoto, essere peso e vergogna per le famiglie, oggetto di pietà o di scherno.

Una giovane donna affianca Maglio nella scelta che si rivelerà decisiva per lui e per un infinito numero di persone colpite da invalidità negli anni a venire. Si chiama Maria Stella e il loro rapporto è destinato a mutarsi in amore.

Ma A muso duro è anche la storia dei ragazzi che a Villa Marina, il centro riabilitativo davanti al mare di Ostia, trovarono in Maglio molto più di un medico illuminato. Trovarono in lui un padre. Molti di quei suoi ragazzi si sposarono. Qualcuno ebbe figli o li adottò. Si aprirono a una vita piena proprio quando una vita pensavano di non poterla più avere.

Claudia Vismara e Flavio Insinna in A muso duro.
Claudia Vismara e Flavio Insinna in A muso duro.

I personaggi principali

Con una sceneggiatura firmata da Grazia Giardiello, Roberto Jannone e Marco Pontecorvo (a partire da un soggetto di Paolo Bianchini, Stefano Busa e Valeria Doddi), il film tv di Rai 1 A muso duro ha in Flavio Insinna il suo protagonista. Tocca al conduttore di L’eredità e attore calarsi con credibilità nei panni di Maglio.

“Maglio era un genio. Compra un piccolo peschereccio, progetta una carrucola per calare in mare i ragazzi e fargli fare il bagno. Diceva: "Dove sta scritto che un disabile non può sentire l'acqua del mare sulla pelle?". Ha fatto tutto a livello altissimo, fino alle Paralimpiadi, ispirato dal dottor Guttmann che organizzava gare per i militari invalidi dopo la guerra. Una volta il disabile veniva lasciato al cronicario ingessato, con le piaghe. Maglio taglia i gessi, restituisce la dignità a chi pensava che la vita fosse finita. È stato emozionante interpretarlo anche se quando Marco mi ha chiamato mi sono nascosto dietro l'impegno dell'Eredità. Mi sarebbe piaciuto fare il medico", ha raccontato in una recente intervista.

“Con Flavio ci siamo trovati davanti un personaggio complesso. Di grande umanità ma ruvida, cosciente della sua competenza, diretto, chiuso sentimentalmente, capace di vedere “oltre” e di grandi slanci”, ha dichiarato il regista Marco Pontecorvo. “Flavio conosceva bene quel mondo perché suo padre era medico. Collaborava con l’Istituto Santa Lucia per il recupero e il reinserimento dei disabili attraverso lo sport. Da piccolo aveva anche accompagnato la nazionale paralimpica ai Giochi che ebbero luogo in Canada”.

“Quindi Flavio aveva già quell’attenzione e sensibilità in comune con il nostro personaggio per cui bisognava andare a ricercare gli altri lati e le sfumature della personalità del nostro dottor Maglio”, ha proseguito Pontecorvo. “È stato un bel percorso per entrambi, Flavio ha anche dovuto forzarsi per raggiungere le caratteristiche più lontane dalla sua umanità. Ma credo che siamo riusciti a portare in scena quello che era lo spirito del protagonista di questa storia straordinaria”.

Al fianco di Insinna nei ruoli principali recitano attori del calibro di Paola Minaccioni (è Tiziana) e Claudia Vismara (è Stella). “Claudia aveva l’anima giusta per interpretare Stella. Combattiva, idealista ma anche dolce, con un viso e un portamento che erano giusti per quegli anni. Paola aveva l’ironia e la profondità per interpretare Tiziana, esperta caposala capace di confrontarsi con i pazienti. Ma anche di affrontare nei momenti difficili e di contrasto, il nostro Maglio”, ha spiegato il regista.

Sono tantissimi i volti noti che fanno parte del cast, a cominciare dal giovane Francesco Gheghi (visto in Il filo invisibile) fino ai più consolidati Massimo Wertmüller e Luca Angeletti). Ma sono anche tanti i ragazzi disabili che hanno ricoperto piccoli ruoli in A muso duro, film tv in onda su Rai 1 il 16 maggio.

“Il cast di ragazzi con la loro energia ci ha fatto divertire sul set. Ha portato un’aria leggera in una storia che apparentemente potrebbe sembrare di tinte più drammatiche. Ognuno di loro ha dato tanto e ci siamo divertiti a costruire personaggi tutti diversi tra di loro. È stato incredibile come siano riusciti a imparare le varie discipline e a far loro la gestualità dei disabili. Questo grazie anche alla collaborazione che abbiamo avuto con il Santa Lucia e con le varie federazioni paralimpiche”, ha sottolineato Pontecorvo.

“I piccoli ruoli sono stati tutti ricoperti da ragazzi disabili, esperti nelle varie discipline sportive. Lo scambio e l’amicizia nati con il nostro gruppo di attori è stato importantissimo per il realismo della messa in scena. Era diventato un vero gruppo e ognuno dava consigli all’altro sia sul lato recitativo che sull’esperienza sportiva o vissuta. Massimo Wertmüller è una sorta di padre putativo del nostro protagonista. Devo dire che lo ha fatto portando con sé una sua ironia e leggerezza che aiutano la storia. Purtroppo, non posso citare tutti, ma devo dire che sono rimasto veramente contento di tutte le interpretazioni”.

Marco Pontecorvo, il regista di A muso duro.
Marco Pontecorvo, il regista di A muso duro.

Una vita a “muso duro”

Il vero Antonio Maglio, a cui Rai 1 dedica il film tv A muso duro, ha dedicato la sua vita e la sua professione alla cura e riabilitazione di pazienti con disabilità. Entrando in contatto con giovani pazienti con disabilità fisiche, scoprì che le uniche cure prestate loro prevedevano la somministrazione di farmaci per tenere sopiti dolori fisici e psicologici mentre non veniva prospettato nessun tipo di futuro. Così iniziò a studiare cure ed approcci assolutamente innovativi.

Come medico dell’Inail fu incaricato, nel 1957, della direzione del Centro Paraplegici di Ostia “Villa Marina” dove poté mettere in pratica i suoi studi. Con le sue ricerche e le sue metodologie innovative, riuscì a cambiare l’idea che gli altri avevano dei disabili e anche la percezione di sé dei disabili stessi. Per conseguire il suo obiettivo Maglio usò lo sport, l’arte e la musica.

Al dottor Maglio, alla sua dedizione, al suo genio visionario e concreto allo stesso tempo dobbiamo la nascita delle moderne Paralimpiadi. Fu infatti sua l’intuizione di associare i Giochi di Stoke Mandeville (giochi per disabili che si svolgevano dal 1948 in Gran Bretagna, grazie all’operato del dottor Ludwig Guttmann), alle Olimpiadi. Rese di fatto quelle che erano delle gare con un pubblico ristretto e uno scopo più terapeutico che sportivo, un grande evento mondiale. Un evento destinato ad abbattere barriere fisiche e mentali, a scardinare pregiudizi e a cambiare la percezione della disabilità. Un evento che contribuì e continua a contribuire in maniera fondamentale a migliorare la vita di centinaia di migliaia di persone.

Grazie all’impegno, alla passione, alla competenza, alla lungimiranza del dottor Antonio Maglio, l’Italia può fregiarsi di un grande primato: quello di aver organizzato e ospitato quelli che sono considerati i primi giochi Paralimpici della storia, quelli di Roma 1960.

La parola al regista

“La storia del dottor Maglio, dei suoi ragazzi e della nascita di quelli che sono stati considerati i primi Giochi paralimpici (1960) nell’Italia del boom economico mi ha immediatamente catturato. L’Italia era una nazione che stava tentando di rimettersi in piedi dopo la guerra; da una parte un mondo rurale e dall’altro la modernità che avanzava: palazzi, macchine e tanto altro”, ha scritto Marco Pontecorvo nelle note di regia di A muso duro, il film tv di Rai 1.

“L’Italia era una nazione che stava tentando di rimettersi in piedi dopo la guerra; da una parte un mondo rurale e dall’altro la modernità che avanzava: palazzi, macchine e tanto altro. In quella società in piena trasformazione i disabili erano visti come persone da nascondere, un peso per le famiglie e per la società. La maggior parte di loro era considerata come rotelle di un ingranaggio nato male o che si era rotto durante il percorso e per quei “poveretti”, come spesso venivano chiamati, c’era ben poco da fare se non trattarli in cronicari e lasciare che il loro destino si compisse nel giro di poco.

L’idea di Maglio, all’epoca fuori dagli schemi, di recuperare attraverso lo sport queste persone, ridando loro fiducia e rendendole un esempio da seguire per poi reinserirle nella società, nasce dalla sua convinzione che la vita non poteva finire a causa di una malattia o di una menomazione.

Di questo trova riscontro nello studio e nella successiva amicizia con il Prof. Ludwig Guttmann, neurologo tedesco, scampato ai campi di sterminio nazisti e approdato in Gran Bretagna dove comincia a lavorare sul recupero dei soldati proprio attraverso lo sport.

Maglio amplia questi primi studi, si rivolge non solo al mondo dei reduci, ma al recupero di tutti i disabili mielolesi. Sostenuto dall’INAIL, apre un centro riabilitativo e, dopo aver liberato dalle gabbie dei gessi i suoi pazienti, li allena lui stesso insieme ad altri insegnanti. Ma non si ferma lì: come un ingegnere inventa macchine per il recupero motorio e per rompere le barriere che ne impedivano il reinserimento. Nascono così bus con pedane idrauliche e barche attrezzate.

Ma Maglio aveva la capacità di vedere i suoi pazienti nel loro insieme; quindi, si fa coadiuvare anche da psicologi e sessuologi. Ma per il completo reinserimento bisognava cambiare la mentalità vigente, ribaltare l’idea che fossero persone da compatire ed emarginare per considerarle, invece, persone da ammirare, anzi straordinarie, con tutti i diritti ed i doveri di cittadini “normodotati”.

È qui che nasce l’idea di agganciare ai Giochi Olimpici degli altri Giochi, quelli di Stoke Mandeville organizzati da Guttmann, per farli diventare delle Paralimpiadi, grazie anche al supporto dell’Inail. Sintetizzata così sembra che sia stata un’impresa facile, ma non lo è stata affatto. Maglio era bloccato, aveva perso fiducia nella medicina a causa della perdita di un figlio. Si è dovuto scontrare con i ragazzi che avevano perso le speranze di vita e con le istituzioni e la mentalità chiusa della società”.

Il regista Marco Pontecorvo, figlio del grande Gillo, è noto per la sua capacità di raccontare con empatia storie ispirate a vicende realmente accaduti. Due dei suoi più grandi successi sono infatti L’Oro di Scampia e Alfredino – Una storia italiana. Vedremo presto anche il suo Fatima, film che ripercorre gli eventi del 1917 legati alla Madonna di Fatima con nel cast mostri sacri come Harvey Keitel, Sonia Braga e Joaquim de Almeida.  

A muso duro: Le foto del film

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