Silvia Giangaspero, studentessa del Poli di Torino: “A Ingegneria la parità di genere è sempre più vicina”
Attorno agli studi in Ingegneria ruotano ancora pregiudizi vari e non troppo fantasiosi. Si pensa infatti che siano troppo difficili, che richiedano di sacrificare il tempo libero, che siano fondamentalmente poco creativi e un po’ grigi, e, non in ultimo, che non siano adatti alle ragazze. Per sfatare questi falsi miti è arrivato nel 2019 il progetto WeAreHERe, nato in occasione di She Hacks, l’hackathon volto a promuovere l’iscrizione femminile alla Facoltà di Ingegneria che ha coinvolto 70 studenti del Politecnico di Torino.
VEDI ANCHECultureGender gap nelle lauree STEM: perché le donne non scelgono i percorsi scientifici?Durante il contest sono state poste alcune domande agli studenti, come: a cosa credete che si debbano, a livello socio-culturale, i pregiudizi intorno alle donne che scelgono di studiare materie scientifiche? A quali fenomeni di discriminazione di genere avete occasione di assistere?
Dalle loro risposte è nata l’idea di creare WeAreHERe, un progetto che in breve tempo è diventato un punto di riferimento per tutte le ragazze delle scuole superiori che desiderano iscriversi alla Facoltà di Ingegneria ma che sono bloccate da dubbi, insicurezze, pregiudizi. A loro, WeAreHERe, risponde creando una connessione con alcune studentesse del Politecnico. L’idea è quella di proporre come role model non astronaute irraggiungibili o scienziate che presenziano in tv, ma studentesse che ogni giorno vivono la quotidianità del Politecnico e che possono rispondere in prima persona a domande, perplessità, paure. Un servizio preziosissimo per chi dopo le scuole superiori si affaccia al mondo accademico e che offre eventi, momenti di dialogo e incontro.
Il risultato è quello di una community sempre più corposa di ragazze e studentesse unite dalla passione per le materie scientifiche e dalla volontà di dimostrare che le ingegnere sono sempre più numerose e che non c’è nulla di grigio e poco creativo in questa Facoltà, anzi
Tra le role model di WeAreHERe c’è Silvia Giangaspero, studentessa alla facoltà di Ingegneria Biomedica del Politecnico di Torino, che ci racconta la sua esperienza.
Quando e come è iniziata la tua partecipazione a WeAreHERe?
Sono venuta a conoscenza del progetto tramite il webinar realizzato insieme a Sofia Viscardi nel 2020. Ho deciso di partecipare a WeAreHERe perché, riguardandomi indietro, ai tempi delle superiori, avrei tanto voluto parlare con una persona più grande di me di uno-due anni. Una persona che potesse rassicurarmi, darmi informazioni, raccontarmi la sua esperienza all’università. È molto importante, quando si è indecisi su che percorso di studi intraprendere, confrontarsi con degli studenti che già lo stanno facendo.
Di cosa ti occupi esattamente?
Sono una delle studentesse a cui si rivolgono le ragazze delle scuole superiori per chiedere informazioni: attraverso WeAreHERe offriamo videochiamate, parliamo e dialoghiamo con loro rispondendo a dubbi e incertezze. Molto spesso le ragazze che si rivolgono a noi pensano di non essere in grado di studiare Ingegneria, oppure credono che dovranno annullarsi completamente per lo studio e infine c’è il trauma del trasferimento. Ma io stessa sono di origini meridionali e posso tranquillizzarle su tutto. Dal 2020 abbiamo iniziato a organizzare un evento all’anno e abbiamo portato il Politecnico su Twich grazie alla collaborazione con Sofia Viscardi. Inoltre organizziamo incontri con le studentesse delle scuole medie e superiori di Torino. Ci siamo accorti che manca una narrazione non solo su cosa faccia esattamente l’ingegnere, ma anche sulle donne che hanno scelto questo percorso di studi. È un percorso molto più eterogeneo di quanto si pensi: ci sono tantissime donne che lo fanno. Ora stiamo raggiungendo il 30%, e il numero in crescita. Ci siamo accorti che WeAreHERe è un progetto che manca anche per i ragazzi: ci stanno scrivendo anche loro! Un ragazzo mi ha contattata chiedendomi scusa perché non trovava altri canali. Questo significa che il progetto funziona molto bene!
Tu come hai deciso di iscriverti alla Facoltà di Ingegneria Biomedica? Ci racconti la tua esperienza?
Da quando ero bambina sono sempre stata molto decisa su quello che avrei fatto nella vita. Al primo anno delle medie, ad esempio, sapevo già che avrei voluto fare il liceo scientifico. Ho sempre avuto una grande passione per le materie scientifiche, era lei a farmi essere come ero, mi sarebbe dispiaciuto lasciar perdere questa passione. Tutti volevano che facessi medicina, ma c’erano troppi pochi esami di matematica. Non è stata una scelta semplicissima, in quanto alle superiori non viene spiegato cosa faccia un ingegnere biomedico. Studiando fisica, però, mi ero soffermata su un trafiletto sui campi magnetici. Da lì è nato l’interesse verso l’imaging in ambito biomedico e la scelta di intraprendere il percorso di ingegnere biomedico. Sono al primo magistrale di questa Facoltà e pienamente soddisfatta.
Ti è mai capitato di sentirti a disagio in quanto ragazza?
No. Diciamo che il mio è l’unico indirizzo dove, alla Triennale, c’è completo equilibrio tra studenti maschi e femmine. Alla Magistrale le percentuali diventano addirittura del 60% di donne e 40% di uomini. Mi sono sempre sentita a mio agio, anche se all’inizio avevo le stesse paure delle ragazze con cui parlo ora, le stesse perplessità. Mi ritrovo completamente nella loro sensibilità. Di recente ho scoperto che una delle ragazze con cui avevo fatto una videochiamata si è iscritta al Politecnico: è stata un’emozione grande. Speriamo siano sempre di più.