Hamida Aman: “Radio Begum è la radio delle donne afghane che resistono”

Rendere invisibili le donne, rimuovendone la presenza dalla sfera pubblica e distruggendone il potere: da quando i talebani sono tornati al governo in Afghanistan, il primo strumento di repressione scagliato contro le donne è stato quello di privarle delle loro voci. Una repressione spietata che, nonostante la sua ferocia, incontra la resistenza di moltissime donne impavide: pur mettendo a rischio le loro vite, rifiutano il silenzio e continuano a parlare. Tra queste, la giornalista Hamida Aman che con Radio Begum, la radio che ha fondato, continua a dar voce alle donne che resistono.

«Dobbiamo dimostrare che non riescono a spaventarci. Dobbiamo occupare la sfera pubblica»: le parole di Hamida Aman spiegano in modo inequivocabile l’obiettivo di Radio Begum, la radio simbolo della resistenza delle donne a Kabul e l’unico mezzo al momento disponibile alle ragazze per continuare a imparare.

La stazione radio è stata fondata l'8 marzo del 2021, nella Giornata Internazionale della Donna: «Begum» – racconta Aman - «è un titolo nobiliare dato alle mogli dei maharaja sotto l'Impero Mughal. L'ho scelto per restituire la loro nobiltà alle donne afgane, e in omaggio a mia nonna che si chiamava così».

La giornalista Hamida Aman, founder di Radio Begum
La giornalista Hamida Aman, founder di Radio Begum

Cinque mesi dopo la sua nascita, i talebani hanno preso Kabul: la radio continua a trasmettere a Kabul e nei dintorni ma le restrizioni si fanno sempre più pesanti. La musica è vietata, le donne non possono lavorare assieme agli uomini e i contenuti dei programmi sono sempre più limitati al volere del governo. Divieti pervasivi non solo in radio, ma nell’intera società civile:

le adolescenti, ancora studentesse, sono state escluse dalle scuole secondarie, mentre le donne sono state costrette a lasciare posti di lavoro governativi, oltre a non poter più viaggiare da sole

All’inizio di maggio, il leader supremo dell’Afghanistan e capo dei talebani Hibatullah Akhundzada ha emesso un’ordinanza con la quale obbliga le donne a coprirsi completamente in pubblico. Anche i volti devono essere ben nascosti dal burqa. Così l’obbligo è diventato esecutivo anche per le giornaliste televisive, alcun delle quali si sono ribellate e hanno lasciato scoperto il volto, subendo l’immediato licenziamento.

La radio per continuare a imparare

Uno spazio dove poter parlare, trovare coraggio ma soprattutto continuare a imparare: Radio Begum è un luogo necessario, attraverso cui ogni giorno, per circa sei ore, le ascoltatrici possono seguire i corsi di Educazione Nazionale, dalla quinta elementare all’ultimo anno scolastico.

Si tratta di moduli di trenta minuti per livello, che abbiamo impostato con un consulente educativo. Da quando le scuole hanno chiuso, la nostra radio è l’unico mezzo di educazione per le ragazze, spiega Aman

Studentesse a Kabul frequentano le lezioni in onda negli studi di Radio Begum
Studentesse a Kabul frequentano le lezioni in onda negli studi di Radio Begum

In un Paese dove il 57% delle persone è analfabeta, il potere della radio è molto importante perché è il mezzo più accessibile. Lo scorso novembre, le ragazze della provincia di Herat sono potute tornare sui banchi di scuola, ma in tutto il resto del Paese possono frequentare la scuola solo le bambine tra i sei e i dodici anni: in ventotto delle trentaquattro province, le ragazze e le donne che hanno più di dodici anni sono ancora costrette a casa. Nelle università non va meglio: hanno riaperto solo quelle private con classi separate.

Studentesse a lezione negli studi di Radio Begum, Kabul
Studentesse a lezione negli studi di Radio Begum, Kabul

Così a Kabul, Radio Begum è diventata un punto di riferimento per le ragazze che vogliono continuare a studiare e per le donne che non vogliono smettere di  prendere parte al dibattito pubblico.

Gli studi della stazione radiofonica diventano una vera e propria aula scolastica, mentre il resto del palinsesto è dedicato a lezioni per donne più adulte e a consulenze telefoniche, come quelle psicologiche

Lo scorso dicembre su L’Express, la 13enne Mursal aveva raccontato di aver iniziato a frequentare lo studio dell’emittente due mesi prima, per frequentare le lezioni che si tenevano durante le registrazioni dei programmi educativi: «il mio messaggio alle ragazze che non possono andare a scuola è di ascoltare attentamente il programma in radio, di utilizzare questa opportunità», ha detto, mentre la direttrice Saba Chaman, in una delle sue lezioni, ha letto Becomingl’autobiografia di Michelle Obama, in lingua Dari, la principale lingua dell’Afghanistan.

Il futuro di Radio Begum

Al momento la radio opera con il consenso dei talebani: dopo la rinascita dell’Emirato islamico, la fondatrice Hamida Aman ha incontrato il portavoce Zabihullah Mujahid, ottenendo il permesso di continuare a trasmettere, ma con l’obbligo di adattarsi alle imposizioni dettate dal regime. Prima di agosto, le dieci dipendenti della radio condividevano gli spazi con i colleghi uomini di una stazione radiofonica giovanile:

ora le due stazioni si trovano su piani diversi, davanti all’ufficio delle donne è stato installato un pannello opaco, la politica è bandita e il pop è stato sostituito dalla musica tradizionale afghana.

Dipendenti di Radio Begum al lavoro negli studi
Dipendenti di Radio Begum al lavoro negli studi

Nonostante le restrizioni, l’obiettivo della radio è quello di espandersi nelle aree più rurali: come riportato dalla televisione privata Tolo news, dopo un mese dall’arrivo dei talebani, oltre centocinquanta media avevano già cessato la propria attività a causa di difficoltà economiche e delle restrizioni. Begum non riceve più introiti pubblicitari e le dipendenti sono alla ricerca di fondi per scongiurare la chiusura delle trasmissioni: tenere in vita la radio significa continuare a offrire un raro spazio di libertà per le donne afghane.

Questa radio è uno spazio per accogliere tutte le paure, le impressioni, i sentimenti e le speranze.  Ma è anche un modo per dare voce alle donne, per permettere di parlare del loro disagio quando viene loro negato l’accesso a tutto ciò che accade fuori

«Non ci arrendiamo», ha promesso Hamida Aman in un’intervista ad Afp, «Dobbiamo dimostrare che essere spaventati non serve a nulla».

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