Ella Bottom Rouge

Chi decide che aspetto ha una “vera” lesbica? Intervista a Ella Bottom Rouge

Da anni la performer di burlesque Ella Bottom Rouge utilizza i social e i suoi spettacoli per rivendicare l’esistenza delle lesbiche all’interno della scena burlesque italiana e per riflettere sul loro rapporto con i canoni estetici eterosessuali. L'abbiamo intervistata

«Quando era piccolo, mio fratello faceva fatica a chiamarmi con il mio nome, Daniela, e mi chiamava ‘gnella’. Poi un giorno, tanti anni dopo, ho scoperto su Tumblr l’esistenza di un sito che dava suggerimenti automatici per creare il tuo nome da performer di burlesque. A me erano uscito qualcosa con ‘rouge’, il rosso, e con ‘bottom’, il fondoschiena. Da lì nasce il mio nome da artista», spiega Ella Bottom Rouge, performer di burlesque, insegnante e modella.

«La passione per il burlesque invece era arrivata qualche tempo prima: ero a Londra, in vacanza, e mi ero ritrovata a vedere una gara di tassel twirling, che è l’arte di roteare i capezzoli il più velocemente possibile. Sul palco c’erano due donne inglesi che si ammazzavano di risate e che portavano con enorme orgoglio i loro corpi e il loro erotismo. Una volta tornata in Italia mi sono subito iscritta a un corso per imparare a farlo anche io», racconta Ella, che oggi è resident artist, host e co-producer del queer cabaret milanese Drama e producer di Wet The Show, un dinner show dove burlesque, cabaret, canto, arti circensi e fuoco incontrano la cucina italiana, e di B!tchbox, una serata comedy, basata sul gioco dell’improvvisazione tra palco e pubblico.

Il burlesque viene definito come l’arte della femminilità, ma per me in realtà è più l’arte della sensualità,

spiega Ella, che da qualche anno tiene corsi e workshop di burlesque in giro per l’Italia. «A un certo punto però mi sono chiesta se fare coming out come donne lesbica mi avrebbe fatto perdere alunni o se avrebbe portato meno persone ad assistere ai miei spettacoli. Alla fine l’ho fatto e posso dire che mi è servito sia per selezionare il pubblico che mi vuole seguire davvero che per riuscire a esprimermi al meglio».

«Da qualche tempo ho anche scelto di non dividere più i miei corsi: se vuoi stare in una classe solo di donne, ci sono altri corsi. Io voglio insegnare a una classe di persone.

Quest’anno, ad esempio, nella mia classe ci sono uomini gay, donne trans, ragazze giovani, mamme, persone con corpi diversi e talvolta non conformi. Ed è bellissimo!

commenta la performer a proposito della sua scuola di burlesque all’insegna dell’inclusione dal nome The Rouge Academy.

Attivismo e burlesque, un binomio (im)possibile

«Si crede che il burlesque sia un tipo di spettacolo ‘per il pubblico maschile’, ma non è così. Inoltre, la scena burlesque queer all’estero è molto presente, mentre in Italia posso dire di essere l’unica performer lesbica così out», afferma Ella, che per il suo impegno nella divulgazione dell’arte del burlesque nel 2021 ha vinto il premio La Karl du Pignè da parte del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli.

Ella Bottom Rouge

«Vorrei dire che essere lesbica non ha niente a che fare con il mio lavoro, ma non è così. Il mio lavoro è diventato parte della mia identità come persona. Ma come performer e insegnante spero sempre di riuscire a trasmettere una verità, ovvero che anche sul palco l’onestà premia, e che essere oneste sul palco è impossibile se non si è oneste con se stesse nella vita».

E se in Italia il burlesque raggiunge delle vette di ricerca estetica altissime, lo stesso non si può dire dal punto di vista dei contenuti. «Quando mi hanno chiamata ‘attivista’ per la prima volta ho storto il naso, ma poi ho riflettuto sul mio passato e ho capito che in fondo lo sono. Mi sono formata politicamente negli anni del G8 di Genova e per me l’attivismo ha soprattutto quel significato lì: difendere con il proprio corpo i propri ideali», racconta Ella Bottom Rouge.

«Per me oggi quindi fare attivismo attraverso il burlesque è possibile, ed è possibile farlo mantenendo il mio stile e utilizzando il mio corpo, che comunque è un corpo conforme e che quindi non rappresenta molte persone», spiega la performer.

Rispetto alla volontà di artiste e artisti di fare coming out pubblicamente, Ella ha una posizione ben precisa: «Ovviamente ognuna ha i suoi tempi ed è libera di fare ciò che vuole. Penso semplicemente che non farlo sia un’occasione sprecata, per te e per le altre. Se sei una donna e lavori con la tua immagine, con il tuo corpo, ci sono così tanti messaggi positivi che potresti veicolare che starsene zitte è davvero un peccato».

Essere femme, ovvero non essere mai lesbica ’abbastanza’

La L di LGBTQIA+ viene prima, ma chissà perché siamo sempre dopo,

 ha scritto Ella su Instagram lo scorso 26 aprile in occasione della Giornata della Visibilità Lesbica, sottolineando quando sia difficile per le persone lesbiche avere il proprio spazio non solo all’interno della società, ma anche all’interno dello stesso movimento LGBTQIA+.

Per le lesbiche femme o lipstick come lei, ovvero quelle che hanno un’estetica molto femminile, il rischio è sempre quello di essere scambiate per persone eterosessuali (una pratica conosciuta come straight passing) o essere considerate troppo poco ‘lesbiche’ dal resto della comunità.

Ho vissuto sulla mia pelle lo stigma di essere una lesbica femme. In realtà anche io ho un lato ‘maschile’ e dominante molto presente, semplicemente non viene fuori con l’estetica. Viene fuori sul lavoro, nelle situazioni più complesse,

spiega Ella Bottom Rouge. «Da quando sono stata intervistata da Cosmopolitan l’anno scorso ho acquisito molta più visibilità e sono contenta che tante persone si siano riconosciute anche loro come donne lesbiche femme. Grazie a questa visibilità sono anche riuscita ad aiutare una ragazza che scappava da una famiglia che non accettava la sua omosessualità. L’ho ospitata a casa mia e grazie a una rete di attiviste e attiviste ci siamo prese cura di lei», racconta la performer.

Oggi però Ella non chiede più rappresentazione per le persone lesbiche, ma soprattutto più normalizzazione. «La rappresentazione è poca, ma c’è. Ma vedere una persona famosa che stimi che sta con un’altra persona famosa che ti piace, vedere la loro quotidianità insieme: è quello che ti spinge ad andare avanti, a essere te stessa».

Ma soprattutto, Ella rivendica per se stessa e per altre persone lesbiche una sola cosa: la possibilità di cambiare.

Rivendico di essere così e svegliarmi domattina e cambiare.  Dentro di noi nascondiamo cose che da fuori è impossibile vedere, ma sono lì. E devono essere ascoltate

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