Marga, il podcast che racconta Margherita Hack a cent’anni dalla sua nascita
«Quando Margherita ha compiuto novant’anni, le ho chiesto se avesse voglia di raccontarmi la sua vita, di rimettersi in gioco con me», racconta il giornalista, autore e scrittore Federico Taddia, che ha collaborato con Margherita Hack alla stesura di un libro di divulgazione per ragazzi e ragazzi e alla sua autobiografia “laica e ribelle”.
Per scrivere il primo libro ho semplicemente trovato il suo numero sulle Pagine Gialle e le ho telefonato. Lei mi ha risposto senza problemi e mi ha invitato a casa sua a Trieste. Non sapevo che di fatto Margherita diceva di sì a tutti e aveva un’agenda abbastanza incasinata. Quando sono arrivato eravamo in 3 o 4,
racconta Taddia, che condivideva con Hack lo stesso approccio ironico alla vita. «Ricordo che casa sua era un porto di mare, pieno di libri e di gatti. Su una poltrona rossa c’era un cartello che diceva: Margherita Hack papa», scherza il giornalista, che nel corso degli ultimi tre anni della vita di Hack è diventato un suo caro amico.
Le registrazioni sono rimaste inedite per quasi dieci anni. Ogni tanto le riascoltavo per sentire ancora la sua voce: Margherita è stata una persona importante per me e mi considero un privilegiato nell’essere stato suo amico e aver passato tempo con lei,
spiega Taddia, che negli ultimi anni si è ritrovato a lavorare a un libro in occasione dei cento anni della nascita di Hack. «Volevo che anche altre persone sentissero la forza della sua voce. Da lì l’idea di creare un podcast a partire dalle registrazioni che avevo, anche se si tratta di registrazioni fatte in casa, in maniera molto informale», aggiunge il giornalista, che ha lavorato alla stesura del testo del podcast insieme all’autrice televisiva e radiofonica Silvia Righini.
Il flusso delle sue parole è bellissimo, ma alcune sue scelte sono ancora più forti se inserite nel contesto dell’epoca. Per questo abbiamo aggiunto anche altre voci che possano aiutare a capire la figura di Margherita e le sue scelte
spiega Taddia a proposito di Marga, il podcast su Margherita Hack prodotto da Chora Media e realizzato in collaborazione con Ducati.
Marga, dall'infanzia fiorentina alla terza vita a Trieste
Marga ripercorre in cinque episodi la vita di Margherita Hack, dall’infanzia fiorentina alla sua “terza vita”, ovvero i suoi ultimi anni come divulgatrice scientifica.
Uno degli aspetti più sorprendenti della storia di Hack appare fin dai primi minuti del podcast, quando Taddia racconta che “Marga” che è sempre stata una bambina diversa dalle altre, e che questa diversità l’ha fatta soffrire per molto tempo.
Nella Firenze degli anni Trenta e Quaranta, infatti, Hack era un cognome atipico e Margherita Hack era una bambina vegetariana e non battezzata.
Per un periodo, Marga ha provato di tutto per sentirsi meno diversa. Ha fatto la comunione di nascosto, ha provato a farsi la permanente e a mettersi i vestivi che le cuciva la madre per essere più simile alle sue coetanee,
racconta Taddia accennando alla madre di Margherita Hack, Maria Luisa Poggesi, che per molti anni ha lavorato come miniaturista alla Galleria degli Uffizi.
«Lei è sempre stata un grande modello femminile per Marga: una donna concreta, educata, amante del bello e soprattutto indipendente. Per parte dell’infanzia di Margherita, era lei a portare a casa i soldi mentre il padre si occupava di stare con la figlia. Cent’anni fa i ruoli di genere erano molto più definiti, quindi questa fluidità per l’epoca è straordinaria», commenta Taddia.
Ma come spiega il giornalista, il vero punto di svolta nella vita personale di Hack arriva con lo sport, e in particolare con la scoperta dell’atletica:
L’atletica è stata fondamentale per la sua formazione personale perché l’ha allenata al rigore e alla competizione, ovvero sia a vincere che a perdere. Grazie all’atletica ha viaggiato, diventando sempre più indipendente, e ha trovato il suo gruppetto di amici, che l’hanno aiutata a essere una ragazza meno timida e schiva
Da ricercatrice a prima direttrice di un Osservatorio in Italia
Dal punto di vista professionale, invece, tutto cambia nel 1945, quando Hack chiede all’astrofisico Mario Girolamo Fracastoro, all’epoca ricercatore, di seguire la sua tesi di laurea. «Glielo chiese per disperazione, perché la tesi in elettrotecnica che aveva iniziato l’annoiava a morte. Grazie a Fracastoro, Hack conosce le stelle e capisce che quella potrebbe essere la sua strada», racconta Taddia.
Dopo un breve periodo a Milano in Ducati e dieci anni all’osservatorio di Merate, nel 1964 Hack vince il concorso per la cattedra come docente di Astronomia e direttrice dell’Osservatorio di Trieste: è la prima donna a ricoprire quel ruolo.
Quando arriva a Trieste, l’osservatorio era un osservatorio morto. In quasi vent’anni, Hack lo trasforma in un centro di importanza internazionale. Lo fa mettendosi al pari di collaboratori e collaboratrici, rendendoli partecipi e protagonisti delle sue scelte, scommettendo su di loro senza dimenticarsi di rimproverarli quando era necessario
Per l’osservatorio sceglieva progetti di ricerca moderni o poco considerati da altri osservatori italiani e cercava sempre di mandare i suoi collaboratori e collaboratrici all’estero più che poteva», spiega il giornalista.
Negli anni Novanta Hack smette poi di insegnare per dedicarsi alla sua terza vita: quella come divulgatrice.
Dopo aver lasciato la cattedra di astronomia si è ritrovata con tanta esperienza, tanto tempo libero e una grande consapevolezza del fatto che fare divulgazione non vuol dire solo spiegare la scienza, ma anche difendere i valori della ricerca, che sono quelli della libertà e dell’uguaglianza,
riassume Taddia, aggiungendo che per Hack spiegare cosa fosse un buco nero non era mai ‘solo’ una spiegazione, ma un modo per incidere sulle scelte delle nuove generazioni, per dare uno sguardo diverso sulla società.
Un lavoro lungo una vita, che Hack verso la fine del podcast riassume semplicemente così:
Non ho fatto mica grandi scoperte: ho fatto un lavoro serio, onesto, ho portato qualche pietruzza, qualche contributo come tutti si fa nella scienza