COP28 al giro di boa: le pressioni dell’OPEC per non abbandonare i combustibili fossili

A pochissime ore dalla chiusura dei lavori, nel cuore delle intense negoziazioni di COP28, qualcosa sembra andare storto e allontanarci sempre di più dall’auspicato risultato. Non è detta l’ultima parola, è vero… ma i presupposti sono meno rosei rispetto a ciò che pensavamo due settimane fa. Ecco perché

Da un lato 80 nazioni stanno chiedendo un accordo per la cessazione dell'uso di combustibili fossili, dall’altro l’OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) sta mobilitando i suoi membri e gli alleati produttori di greggio per respingere il suddetto accordo. Insomma, il palcoscenico internazionale diventa teatro di confronto senza precedenti con profonde divisioni sul futuro delle fonti energetiche e gli attivisti per il clima, supportati dagli scienziati, non ci stanno.

Difficilmente COP chiuderà i lavori oggi, come sperato dal Sultano Al Jaber. L'ultimo documento rilasciato infatti è stato ritenuto "inaccettabile" da molti paesi inclusa l'Unione Europea. Cattive notizie all'orizzonte quindi. Purtroppo dal testo è scomparso il termine "phase out" che indicava l'uscita dalle fonti fossili e sono comparsi molti dei desiderata dei Paesi che intorno al petrolio hanno costruito un'intera economia. Tempi allungati e messaggi edulcorati. Decisamente ciò di cui non abbiamo bisogno.

Nella lettera datata 6 dicembre 2023, il Segretario Generale dell’OPEC, Haitham Al Ghais, ha esortato i membri del gruppo a scongiurare, nell’accordo finale, qualsiasi accenno diretto ai combustibili fossili. Lui, come esplicita nel testo, teme che: “la pressione indebita e sproporzionata contro i combustibili fossili possa raggiungere un punto critico con conseguenze irreversibili”. Lo stesso Segretario ha dichiarato a Reuters che: “Il mondo richiede grandi investimenti in tutte le energie, compresi gli idrocarburi” e “la comprensione dei bisogni energetici di tutti i popoli”.

La risposta internazionale è stata variegata. Paesi come l'Arabia Saudita sostengono la possibilità di continuare la produzione di gas e petrolio, compensando le emissioni attraverso nuove tecnologie di cattura del carbonio; mentre, l'ambasciatore francese per il clima, Stephane Crouzat, non crede che questo sia realistico e forse, non lo crediamo neanche noi. Il Canada si mostra invece fiducioso che il testo finale includerà un accordo sulle fonti non rinnovabili, seppur forse meno ambizioso rispetto alle aspettative di alcuni. Al centro del dibattito c’è poi la richiesta dei paesi che vogliono vedere il processo di transizione guidato dalle nazioni più ricche, proprio quelle che hanno sfruttato il pianeta per decenni. Il ministro del Clima malese, Nik Nazmi Nik Ahmad, ha dichiarato alla stessa agenzia che non è realistico imporre standard uguali a tutti i paesi. Lo stesso, viene sottolineato dal diplomatico cubano Paulo Pedroso, il quale sottolinea la necessità di considerare le disparità economiche e di fornire un sostegno ai paesi in via di sviluppo.

Mentre il mondo tiene il fiato sospeso cosciente che troppo spesso in queste conferenze si perde di vista il reale obiettivo, a riportare l’attenzione sull’urgenza è Simon Stiell, capo dell'agenzia climatica delle Nazioni Unite, il quale ricorda ai partecipanti che superare il limite critico di riscaldamento di 1,5 gradi C° avrebbe conseguenze irreparabili per il nostro pianeta, minacciando la sopravvivenza ed il diritto una vita dignitosa a due miliardi di persone.

Tutto ciò accade nelle stesse ore in cui attivisti di tutto il mondo, indignati per ciò che sta accadendo, riempiono le strade delle proprie città

A Lisbona, si è tenuta una marcia in cui i ragazzi hanno definito la COP28: "uno scherzo che ogni volta si spinge un passo in più oltre i limiti dell'assurdo". Hanno nuovamente sollevato le polemiche sulla scelta di affidare un evento così importante agli Emirati Arabi Uniti, una delle principali potenze petrolifere del mondo. Ma non è tutto, a Torino e a Milano è stata utilizzata, come monito, un'installazione artistica raffigurante una casa che affonda nelle acque verdi del Po e dei Navigli. Nel contempo, a Venezia, alcuni attivisti si sono sospesi con imbraghi dal ponte di Rialto e hanno esposto, sopra le acque dipinte di verde, uno striscione con il messaggio: “COP28, mentre il governo parla, noi siamo appesi a un filo”.

Queste azioni di protesta riflettono il crescente malcontento tra gli attivisti climatici riguardo la presunta mancanza di progressi significativi nella lotta contro i cambiamenti climatici durante la COP28. Gli attivisti stanno sottolineando la necessità di azioni concrete e immediate per affrontare la crisi climatica, criticando l'approccio attuale delle autorità governative.

L'esito dei negoziati della COP28 rimane incerto: il mondo è in attesa di vedere se questa sarà l’assemblea testimone di una svolta storica verso un futuro più sostenibile o se a prevalere sulle necessità climatiche globali saranno gli interessi personali.

Siamo in una corsa contro il tempo in cui il destino della nostra specie poggia sulle spalle dei leader seduti alla ventottesima conferenza sul clima

A poche ore dalla fine dei negoziati, Sultan Al Jaber ha ammesso: “Stiamo facendo passi avanti, ma non abbastanza veloci e non abbastanza soddisfacenti” e ovviamente, fa pensare la richiesta più che esplicita dell’OPEC di bloccare qualsivoglia testo che indichi un' “uscita” dai combustibili fossili.


Federica Gasbarro collabora con The Wom in modo indipendente e non è in alcun modo collegata alle inserzioni pubblicitarie che possono apparire all'interno di questo contenuto.

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