cognome materno

Cognome materno ai figli: a che punto siamo in Italia

Il 15 febbraio al Senato è iniziata la discussione delle sei proposte di legge finalizzate a dare libera scelta ai genitori su quale cognome attribuire ai figli. Sono oltre 40 anni che si discute di quello che nel nostro ordinamento è un automatismo, retaggio di una concezione patriarcale della famiglia

Dopo oltre quarant’anni di discussioni, dibattiti e polemiche, in Italia si affronta ufficialmente la questione dell’automatismo che stabilisce che alla nascita venga assegnato il cognome paterno.

Lo scorso 15 febbraio in Commissione giustizia del Senato è iniziata la discussione su sei proposte di legge presentate per attribuire direttamente ai figli e alle figlie anche il cognome della madre, superando così quell’automatismo ritenuto da sempre più persone discriminatorio e arcaico, oltre che - come sottolineato dalla Corte Costituzionale - "retaggio di una concezione patriarcale della famiglia"

L’obiettivo è dare pari dignità e diritti sia nel rapporto di coppia sia ai figli, consentendo che il cognome venga attribuito non in automatico, appunto, ma previo accordo e sulla base della volontà dei genitori. Che in caso di approvazione potranno quindi scegliere se assegnare il cognome della madre, del padre o entrambi, e anche in quale ordine. Al vaglio anche la possibilità che, in caso di mancato accordo tra i genitori, al figlio o alla figlia vengano assegnati entrambi i cognomi rispettando l’ordine alfabetico.

Cognome paterno e materno, cosa dice la legge

Il sistema vigente non istituisce esplicitamente l’obbligo di dare il cognome paterno per figli nati tra due persone sposate, ma l’intero sistema è basato su questa pressi. E la legge interviene anche per i figli nati fuori dal matrimonio, all’articolo 262 del Codice civile, che stabilisce che “il figlio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, il figlio assume il cognome del padre”.

La Corte Costituzionale è stata chiamata diverse volte a pronunciarsi sulla legittimità della norma, e il parere è ormai manifesto: è il momento di intervenire alla radice di questo automatismo per estirparlo. Già nel 2016 la Consulta definì "indifferibile" l’intervento del legislatore per riformare in maniera organica e secondo "criteri finalmente consoni al principio di parità" la questione del cognome da attribuire ai figli. Ma "tutti gli inviti sinora rivolti - aveva fatto notare, bacchettando il Parlamento - non hanno avuto seguito".

Un anno fa, nel febbraio 2021, la Corte Costituzionale era tornata a parlare della questione con un’ordinanza a firma del vicepresidente Giuliano Amato in cui definiva l’attuale disciplina una "fonte di squilibrio" e "disparità tra i genitori", sacrificando anche il "diritto all'identità del minore", cui è negata la possibilità di essere identificato dalla nascita con anche, o solo, il cognome materno.

Non è infatti a oggi possibile dare al figlio o alla figlia solo il cognome della madre, perché quello del padre deve comunque essere presente e venire prima di quello della madre. E a questo si aggiunge il fatto che, se per assegnare il cognome materno è necessario l’accordo di entrambi i genitori, per quello paterno non è richiesto neppure l’avallo della madre.

Nel 2017 è stato fatto un timido passo avanti per superare questo automatismo concettuale, rendendo possibile affiancare il cognome materno a quello del padre se entrambi i genitori sono d’accordo, attraverso una procedura amministrativa stabilita dal ministero dell’Interno.

In caso di mancato riconoscimento da parte del padre, inoltre, e se il padre decidesse di riconoscere il figlio in un secondo momento, il suo cognome potrebbe anche spodestare quello della madre

"Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre - si legge nella norma - il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre".

In questi casi a decidere è il tribunale dei minori, che deve stabilire se lasciare il solo cognome materno, aggiungere quello del padre o sostituire quello materno con quello paterno.

Come si è arrivati alle proposte di legge sul cognome materno

Della questione, come detto, si dibatte ormai da anni. La prima proposta di legge sulla scelta del cognome dei figli e delle figlie fu preparata nel 1979 dalla socialista Maria Magnani Noya, vent’anni dopo ci provò Laura Cima, dei Verdi. Nel corso degli anni vari esponenti di forze politiche lavorarono ad altri disegni di legge, ma quello che è forse andato più avanti nell’iter parlamentare fu quello del 2014 del governo Letta, che dopo essere stato approvato alla Camera si arenò in Senato.

Dal 2018 a oggi sono state presentate altre sei proposte di legge, che sono attualmente in discussione alla Commissione Giustizia. Le firme sono di esponenti di Liberi e Uguali, PD, M5S, Forza Italia-Udc, Per le autonomie, e altre tre proposte sono state depositate alla Camera. Nel novembre 2021 la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha dato incarico alla senatrice del Pd Valeria Fedeli di coordinare il tavolo di lavoro sulla riforma.

La pioniera Iole Natoli

La necessità di superare questo automatismo si fa sempre più urgente anche alla luce dell’importanza di un cambio di mentalità e culturale. Fondamentale anche per cancellare quella disparità che in alcuni casi porta conseguenze tragiche, come sottolineato da Iole Natoli, giornalista, scrittrice, attivista, fondatrice di ilcognomematernoinitalia.blogspot.com.

Natoli è una delle voci più attive e autorevoli nel campo dell’eliminazione del cosiddetto "cognome patrilineare". È stata la prima, nel 1980, a rivolgersi alla giustizia per combattere l’automatismo, rivolgendosi al Tribunale civile di Palermo e citando il Ministero dell’Interno, il sindaco, il procuratore della Repubblica e suo maritò con l’obiettivo di contestare il fatto che negli atti di nascita delle sue figlie fosse stato indicato il solo cognome paterno "in virtù di una disposizione ritenuta implicita nell’ordinamento».

È sempre Natoli, a distanza di trent’anni, a sottolineare come vi sia un nesso «tra la soppressione dell’identità della donna, operata mediante la sua esclusione "legale" dal cognome dei figli, e i femminicidi. Nesso che esiste, perché per sopprimere qualcuno non basta né il momento di rabbia né una generica propensione a delinquere. Si deve avere nella mente l’idea che quella persona non valga niente, non sia, non abbia collocazione difensiva nella società, non compaia, che sia cioè sopprimibile».

«È questo l’enorme torto e danno che una società, che tanto fatica ad allinearsi e al dettato costituzionale e alle legislazioni degli altri Paesi (nonché alla natura), continua a perpetrare nei confronti del genere femminile - conclude Natoli - una società a cui bisognerà che tutte le donne presentino il conto morale delle lesioni e offese ricevute. Senza ulteriori indugi».

Il cognome materno in Europa

L’Italia, come ricordato anche da Natoli nel passaggio appena citato, da questo punto di vista sta ormai diventando l’eccezione. In molti altri Paesi europei sono in vigore infatti leggi che si rifanno al diritto di attribuire ai propri figli, con libera scelta, il cognome paterno, materno o quello di entrambi i genitori.

Come fa notare la giurista e criminologa Maria Dell'Anno, in Spagna di regola si attribuisce il doppio cognome, indicando il primo cognome di ciascun genitore nell’ordine da loro deciso. In Francia, Belgio e Polonia i genitori scelgono di comune accordo il cognome da attribuire, e in caso di disaccordo vengono apposti entrambi in ordine alfabetico, mentre in Lussemburgo, in quest’ultimo caso, si fa scegliere al “fato” tramite un sorteggio.

In Germania, Svizzera, Grecia, Ungheria, Romania e Croazia viene assegnato ai figli il cognome familiare scelto dai genitori, mentre in Danimarca, Norvegia, Svezia e Finlandia, se non vi è accordo o scelta il cognome scelto in automatico non è quello del padre, ma della madre. Stessa cosa accade in Austria.

Riproduzione riservata