Mansplaining, un retaggio del patriarcato che dovremmo conoscere (e combattere)

Un fenomeno antico quanto la società, che soltanto nell'ultimo ventennio è stato definito in modo inequivocabile: è la tendenza degli uomini a spiegare questioni alle donne, in modo saccente, arrogante e paternalistico, senza tenere conto delle loro competenze o capacità

Immaginate di essere una scrittrice affermata a una festa cui sono stati invitati molti intellettuali del momento. Immaginate di avere all'attivo sei libri pubblicati, con il vostro nome in copertina, e di essere avvicinate da un uomo che per attaccare bottone usa questa frase: «Ho saputo che hai scritto un paio di libri». Immaginate, poi, che al fastidio di sentir parlare del vostro lavoro in modo così riduttivo si aggiunga la spiegazione dell’interlocutore su come scrivere di un determinato argomento citando un saggio che proprio voi avete scritto. 

Ecco, quando descritto è accaduto a Rebecca Solnit, scrittrice americana, che di episodi di questo genere ne ha subiti parecchi e che ha deciso di raccoglierli in un saggio uscito nel 2014, Gli uomini mi spiegano cose, che ha di fatto portato all’attenzione pubblica mondiale un fenomeno di cui si era a conoscenza già in passato, ma di cui poco si era parlato: il mansplaining.

Che cos'è il mansplaining?

“Mansplaining” è un neologismo formato dalle parole “uomo” e “spiegazione”, e viene utilizzato per descrivere quell’atteggiamento condiscendente e paternalistico che gli uomini assumono quando parlano con una donna, come spiega bene Solnit nel suo saggio: «Ogni donna sa a cosa mi riferisco: a quell’arroganza che, a volte, mette i bastoni tra le ruote a tutte le donne in qualsiasi settore, che le trattiene dal far sentire la propria voce, e che impedisce loro di essere udite quando osano parlare».

A tutte, almeno una volta nella vita, è capitato di essere vittima di mansplaining: a una festa, a una cena, sui mezzi pubblici, sul lavoro e persino tra le mura di casa. È quella tendenza che alcuni uomini hanno a spiegare una cosa a una donna senza richiesta da parte della diretta interessata, usando toni accondiscendenti e a tratti offensivi e dando per scontato che lei non sappia nulla di quel determinato argomento, a prescindere dalla sua preparazione e dalle sue competenze. Anzi, nei casi peggiori avviene anche con la consapevolezza che la donna in questione è un’esperta nel campo, e saprebbe spiegarlo a loro con dovizia di particolari e specializzazione.

Mansplaining nel mondo del lavoro

Fatte queste premesse, balza all’occhio come il mansplaining possa diventare insidioso soprattutto sul lavoro, e soprattutto in quei lavori altamente competitivi in cui comanda ancora un atteggiamento piuttosto maschilista e incentrato sul pensiero che “è un mestiere da uomo”. Ne sa qualcosa l’astronauta statunitense Jessica Meir, che nel settembre del 2016 pubblicò su Twitter un video girato durante una simulazione delle condizioni dello spazio scrivendo: «Per la prima volta sono andata a più di 19mila metri di altezza, la zona equivalente allo spazio, dove l’acqua bolle spontaneamente! Fortunatamente ho la tuta!». Un uomo, un tal Casey O’Quin, le aveva risposto scrivendo: «Non direi che è spontaneo. La pressione nella stanza è scesa sotto la soglia della pressione di vapore dell’acqua a temperatura ambiente. Semplice termodinamica». O’Quin è stato sommerso di critiche e ha cancellato il profilo Twitter, ma oltre che spiegare a un’astronauta la termodinamica ha dato anche una perfetta dimostrazione di cosa sia il “mansplaining”.

Jessica Meir mansplaining

Parlando del fenomeno del mansplaining in ambito lavorativo va detto che può verificarsi in ogni ambiente e per ogni professione, e che spesso toni accondiscendenti e paternalistici vengono usati con le donne per delegittimare loro e la loro opinione e per escluderle da ruoli e decisioni di responsabilità, a prescindere dalla loro esperienza e preparazione. La difficoltà maggiore, per combattere questa tendenza, sta anche nel fatto che molti uomini non si rendono conto di metterla in atto, ed è anche per questo che nel luglio del 2018 Kim Goodwin, esperta di digital, ricercatrice, speaker e autrice ha diffuso un diagramma esplicativo: «Ho diversi colleghi che mi chiedono se un certo comportamento si configura come mansplaining. Visto che apparentemente è difficile capirlo, ho fatto uno schema».

Mansplaining, come riconoscerlo (ed evitarlo)

Nello schema, indirizzato all’uomo che si domanda se sta mettendo in atto un qualche tipo di mansplaining, si parte da un semplice assunto: “La donna ha richiesto la spiegazione?”. Se la risposta è “sì”, allora, spiega Goodwin, non si tratta di mansplainig. Se la risposta invece è “no”, l’esperta costruisce un altro set di domande finalizzate a capire in modo inequivocabile se è il caso di “smettere subito di parlare”. E alla Bbc ha fornito le linee guida da cui ogni uomo dovrebbe partire:

  • Vogliono la spiegazione? Se qualcuno ti fa una domanda, spiegati! Spiegazioni non richieste possono andare bene (entro limiti ragionevoli) se sei l'insegnante o il manager di qualcuno. Spiegare dopo che hanno rifiutato il tuo aiuto è quasi sempre irrispettoso. La conversazione è un buon punto di partenza per costruire l'abitudine al consenso.
  • Stai facendo ipotesi sbagliate sulla competenza? Spiegare le cose a persone esperte non è solo sprecare il tempo di tutti. Potresti, indipendentemente dal tuo intento, minarli sottintendendo che non ti fidi della loro competenza o intelligenza. Corri anche il rischio di indebolirti dando l'impressione di avere un'opinione esagerata delle tue conoscenze.
  • In che modo il pregiudizio influisce sulla tua interpretazione di quanto sopra? Entrambe le domande sono complicate dal sessismo e da altri tipi di pregiudizi. A tutti noi viene insegnato il pregiudizio di genere nel comportamento e nella comunicazione fin dalla tenera età, con ragazzi e ragazze che vengono criticati e lodati per i diversi comportamenti a scuola. A tutti noi piace pensare che trattiamo le persone in modo equo, ma gli uomini spesso presumono che le donne siano meno competenti, e i bianchi che la pelle più scura equivalga a un'intelligenza inferiore.

Mansplaining, il rischio della generalizzazione

Il mansplaining non è comunque prerogativa dei rapporti di lavoro. Capita molto spesso che si riproponga in altri ambiti della vita, dalle amicizie alle relazioni, e per molte donne osservare un potenziale partner indulgere nel mansplaining al primo appuntamento è un campanello d’allarme. Allo stesso modo, negli ultimi anni il senso di questo termine è stato in parte travisato per l’utilizzo improprio, visto che in molti casi viene usato per definire, in linea generale, il comportamento di qualcuno che fornisce spiegazioni non richieste con tono accondiscendente a prescindere dal sesso. 

Questo termine, invece, è stato coniato appositamente per descrivere un fenomeno che riguarda le donne e che subiscono specificamente le donne, e il rischio è che il significato venga “annacquato” spostando il focus su ciò che è. E cioè, indiscutibilmente, un retaggio del patriarcato, e cioè un sistema sociale in cui sono gli uomini a detenere il potere e a predominare in ambiti come la politica, l’autorità e il privilegio sociale. Un sistema in cui le donne non vengono considerate alla pari dalla maggioranza dei punti di vista, e in cui le loro competenze vengono, se non cancellate, quantomeno sottovalutate, quando la richiesta è che vengano invece riconosciute come valide (ovviamente se lo sono) e necessarie.

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