Indossare la gonna contro le discriminazioni: la rivoluzione si fa (anche) a scuola

31-10-2022
Da un liceo di Monza alla scuola di Valladolid, passando per Nantes: in tutti questi casi, gruppi di studenti e studentesse hanno spontaneamente deciso di indossare la gonna per dare un segnale chiaro contro le discriminazioni legate al genere. Ecco perché la gonna ha assunto questa grande portata simbolica

È difficile rendersene conto, eppure interpretiamo ogni cosa in base a rigidi stereotipi di genere, con conseguenze importanti sulle nostre vite. Eppure, la divisione binaria che tanto ci influenza è creata dalla stessa società che la porta avanti.

Perché prevedere la gonna esclusivamente per le studentesse? Una protesta per questa differenza era avvenuta già nel 2017 in una scuola di Exeter, nel Regno Unito: in questo caso, gli studenti protestavano perché consideravano ingiusto, di fronte alle severe ondate di caldo, che solo loro fossero obbligati a indossare pantaloni lunghi: in tanti sono venuti a scuola facendosi prestare la gonna da sorelle e fidanzate; lo stesso indumento che costringeva le loro compagne, in inverno, a rinunciare alla bici o alla partita di basket a ricreazione e a soffrire il freddo in inverno è stato rivendicato come una possibilità: studenti e studentesse volevano poter scegliere.

Il nostro abbigliamento non fa eccezione: c’è un indumento, decisamente comune, che è quasi esclusivo appannaggio delle femmine. Al punto che, per un uomo, indossare la gonna fa girare le teste. Qualcuno lo ha capito e ha deciso di dare un significato politico al gesto

La gonna è "da femmine"? Una denuncia al sessismo

A Nantes, in Francia, le proteste più interessanti sono avvenute nel 2014, un anno di forti polemiche riguardo i matrimoni dello stesso sesso da parte del movimento La Manif pour tous. Nelle scuole, per una giornata, gli studenti hanno indossato la gonna per denunciare il sessismo, generando indignazione tra le fila del movimento.

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Del resto, la Giornata della gonna esiste davvero, è il 10 marzo ed è stata istituita dal Ministero della Cultura; tutti e tutte possono andare a scuola indossando una gonna: l’idea viene direttamente da un film del 2008, La Journée de La Jupe diretto da Jean-Paul Lilienfeld, dove la ricorrenza viene proposta proprio in risposta alle restrizioni imposte da una scuola, e agli atteggiamenti machisti e di bullismo descritti. 

La gonna è diventata così uno strumento di protesta più o meno universale contro le discriminazioni legate a sessismo, omofobia e transfobia

Ragazzi e ragazze contro l’ipersessualizzazione dei corpi

È quello che è successo nel 2020 in una scuola canadese dove vige l’obbligo di indossare una uniforme: per le ragazze è prevista una gonna che, da regolamento, può superare il ginocchio al massimo di cinque centimetri. La regola sarebbe motivata dalla necessità di non distrarre il resto del corpo studentesco con un abbigliamento considerato provocante: i colleghi maschi hanno deciso quindi di protestare per le loro compagne, giudicando inaccettabile il doppio standard applicato dal regolamento e la conseguente ipersessualizzazione dei corpi femminili.

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Non essendo espressamente vietato dal regolamento, anche i ragazzi hanno deciso di indossare la gonna a scuola, dando così un segnale di protesta. Oltre a esserci riusciti, hanno contribuito a creare un clima più inclusivo a scuola: Luca Muzzo, studente del College Laval che si considera non-binary, ha dichiarato che la protesta ha fornito la possibilità di normalizzare l’utilizzo di indumenti diversi, senza dar loro una connotazione di genere.

La protesta è diventata un movimento in molte scuole del Quebec, e oltre a portare ad aperture riguardo a modifiche sui regolamenti che riguardano le uniformi scolastiche, ha spinto gli insegnanti ad avviare una discussione su mascolinità tossica, diritti LGBTQIA+ e sull’uguaglianza.

Educare all’uguaglianza

Depotenziare il significato del nostro vestiario ha una importanza cruciale: il fatto che ci siano capi d’abbigliamento e colori considerati femminili ha portato spesso ad azioni di bullismo di matrice omofobica o transfobica nei confronti di studenti, che avevano la colpa di essere considerati poco virili esclusivamente sulla base del loro aspetto.

Nel 2011 una indagine ISTAT ha rilevato che il 24% delle persone omosessuali ha affermato di essere stato discriminato durante gli anni delle scuole superiori e dei college, rispetto al 14% degli eterosessuali.

Nonostante siano passati degli anni, nel 2021, in una scuola elementare a Pedrajas de San Esteban in Spagna, un alunno ha ricevuto insulti omofobici perché indossava una felpa. Il suo insegnante Manuel Ortega ha proposto di dare l’esempio a tutta la classe, per insegnare loro che i vestiti non hanno genere: per un mese ha indossato la gonna a scuola con l’appoggio e la partecipazione del Dirigente Scolastico Borja Velàzquez, che ha deciso di indossarla insieme a lui

Per una scuola che educhi ai valori universali di rispetto, diversità, coeducazione e tolleranza

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Ora, la scuola di Pedrajas ha un angolo che illustra i comportamenti tossici nelle relazioni o un kit per la non violenza, creato dagli studenti, con medicinali come i “cerotti per il rispetto” o i “divaricatori di braccia”.

I vestiti non hanno genere

I due professori hanno contribuito a rilanciare l’hashtag #LaRopaNotieneGénero, che era diventato virale sui social l’anno prima, quando il quindicenne Mikel Gomez ha caricato la sua immagine su TikTok dopo che un insegnante gli ha detto di andare a farsi curare per essere andato a scuola indossando una gonna. Tra i suoi insegnanti, ha trovato il sostegno di Jose Pinas, che si è unito alla causa di Gomez presentandosi anche lui in gonna.

Un indumento decisamente controverso, in paesi diversi e per un consistente numero di anni.

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In Giappone, a a Fujiyoshida, Yamanashi, l’11 novembre 2014 gli studenti hanno indossato la gonna e le studenti i pantaloni: l'evento è stato organizzato per dare loro uno sguardo diverso su sé stessi e sulla società, superando i preconcetti e mettendo in discussione gli standard sociali su ciò che è normale.

Anche nei licei itailani ci sono state proteste: nel liceo Zucchi di Monza lə studenti hanno organizzato l’iniziativa Zucchingonna, contro la sessualizzazione del corpo e la mascolinità tossica, che ha trovato anche il via libera della dirigente Rosalia Natalizi Baldi.

Al liceo Righi di Roma, invece, lə studenti sono andatə a scuola con crop top, pantaloncini corti e gonne, per esprimere solidarietà con una compagna di 16 anni.

Ma che stai sulla Salaria?” la ha apostrofata una docente, perché avrebbe indossato una maglietta che mostrava la pancia

La gonna è diventata uno strumento di protesta anche al liceo Bottoni di Milano, dove lə alunnə volevano protestare in occasione della Giornata Mondiale contro la Violenza sulle donne. Un insegnante si è rifiutato di fare lezione, ma la classe ha trovato la solidarietà della Dirigente Scolastica.

L’Unione degli studenti di Milano ha commentato quanto accaduto al Bottoni dicendo che: "dimostra l’imminente necessità di corsi educativi per tutte le componenti scolastiche, di informazione riguardo a temi come identità e disforie di genere, orientamento sessuale. Partendo da una maggiore consapevolezza in merito, la scuola potrebbe diventare un luogo libero da discriminazioni e sicuro, come dovrebbe essere".

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